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70 rivista di cavalleria

zione sono da evitarsi il più possibile, come quelli che affaticano inutilmente il cavallo senza che se ne possa ottenere un utile risultato. I cavalieri infatti non si rendono padroni di andare dove vogliono poichè i cavalli finiscono coll’ubbidire ai comandi dell’istruttore anzichè alla volontà di chi li monta.

Si pretenda che le redini siano tenute lunghe tanto da permettere al cavallo di prendere coll’incollatura la posizione che più gli aggrada, ed in modo che sia sempre piccolissima la pressione del ferro sulla bocca. Le gambe non saranno mai impiegate se non per decidere il cavallo ad avanzare, o, in certi casi, per aiutarlo e costringerlo a girare: le mani, impiegate nel girare e nel trattenere, eserciteranno quanto più leggermente è possibile la loro azione. Dovrassi fin da questo primo periodo pretendere che il cavaliere inviti il cavallo ad avanzare con aiuti leggeri e gradatamente crescenti finchè il cavallo prenda l’andatura richiesta, ma nello stesso tempo si incammini tranquillo e con lenta cadenza.

Si ricordi che gli aiuti forti ed improvvisi indispongono il cavallo e lo costringono a partenze precipitate che sono dannose sempre, poichè nelle righe, specialmente, ed anche nelle frotte, sono sempre seguite da fermate e strapponi funesti per la bocca e per le reni. Tutto questo, soltanto, sarà insegnato in maneggio, e questo si continuerà a pretendere fuori nello svolgimento dell’istruzione all’aperto.

Quando si è ottenuto che un soldato abbia appreso questi pochi e semplici principî e li applichi per bene, si è sicuri di avere un buon cavaliere ed un cavallo di ottimo carattere volenteroso e deciso.

L’applicazione delle regole che ho esposte, assai semplice in casi normali, a moderata andatura ed in facile terreno, va ricordata anche a veloce andatura ed in terreno vario, poichè accade spesso che il cavaliere perda l’assetto, e sia quindi portato ad attaccarsi con le mani e con le gambe; inoltre che perdendo la calma, invece di restare fermo e passivo, si affanni a voler fare qualche cosa, per paura che il cavallo non sappia fare, o non faccia abbastanza.