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caso come l’impronta personale dell’artefice, che riveli la provenienza dall’una piuttosto che dall’altra zecca.

Per ultimo aggiungeremo un’altra ipotesi, che avrebbe il vantaggio di scostarsi meno, in parte, dall’autorità dell’illustre numismatico piemontese: i matapani medesimi, pur non appartenendo né a Cortemiglia né a Ponzone, potrebbero essere stati battuti bensì da Enrico marchese di Novello, ma in unione a suo fratello di nome appunto Corrado, marchese di Millesimo. In tal caso, questa di Novello o di Millesimo sarebbe una nuova zecca da aggiungere alle numerose degli Aleramidi.

Ma abbastanza ci siamo ormai trattenuti su quest’argomento; procediamo quindi nella nostra enumerazione.

Del grosso tornese, il ripostiglio di Lurate Abbate ci offriva imitazioni uscite da tre diverse nostre zecche, e due almeno di esimia rarità.

In primo luogo, tre esemplari del bellissimo grosso tornese repubblicano di Asti1, due dei quali appartengono a varietà distinte da quella pubblicata dal Promis, perchè alcune lettere hanno in essi una forma differente.

Indi un grosso tornese, battuto in Cuneo da Carlo II d’Angiò, come conte del Piemonte2. Questa moneta, già preziosissima per sè, costituisce essa pure una nuova varietà, per la forma della lettera C ch’é quadrata (E) invece di tonda, e per un differente modo di abbreviature nella leggenda (Tav. II, N. 3).


  1. Promis D., Monete della zecca d’Asti, Torino, 1863, Tav. I, N. 10. — Della zecca astigiana, oltre ai grossi tornesi, si trovavano nel ripostiglio anche un grosso comune e due mezzi grossi.
  2. Promis D., Monete inedite del Piemonte, Supplemento, Torino, 1866, Tav. IV, N. 36.