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Pagina:Rivista italiana di numismatica 1888.djvu/81

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56 giovanni mulazzani

IV.

valore delle monete.


Il valore nominale delle nostre monete ha origine da Carlo Magno, che in anno che non si può deternare preciso, avanti però che assumesse l’impero, divise, secondo Le Blanc, Zanetti, ed altri che io seguito a preferenza di Carli, di Liruti, la libbra o lira d’argento di 12 oncie di un nuovo peso comandato da quell’augusto, e che libbra gallica è detta, divise dissi, in 20 parti eguali chiamate soldi, ed ognuno di questi soldi in altre 12, che furono chiamate denari, dei quali in conseguenza ve ne volevano 240 a formare la lira. Questa libbra per altro e nemmeno i soldi non furono, attesa la loro grande massa e per la scarsità dell’argento in quei tempi, coniati allora, e solo lo furono, i denari che abbiamo nei Musei, non che verosimilmente altri pezzi minori, che si sono perduti di biglione e di rame e di bronzo per li bisogni del minuto commercio, pezzi che pare al Le Blanc di aver potuto discernere in qualche antica raccolta francese, e che due nostre pergamene del 803 e 853 inducono a credere essere stati presso di noi in corso col nome di quattrini ossia per ragione etimologica di quarta parte di denaro (antichità Longobardico-Milanesi, T. II, pag. 259). Un tale sistema monetario nominale, che la conquista sui Longobardi introdusse dalla Francia in Italia, e lo fece immediatamente a noi comune, se nacque dopo il 773, durò dalla fine del secolo VIII ai primi anni del XIX in cui subì modificazione per l’invenzione del computo