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compendio storico di quindici zecche italiane 481

risentono della barbarie, che produsse l’invasione dei popoli settentrionali in tutta Europa; né parmi altresì di aver bisogno di soffermarmi sull’epoca brillante di Carlomagno, che intrapreso aveva a dirozzarla, non essendo stato che un lampo fuggitivo scomparso alla sua morte.

Per ultima parte che resta, scenderemo alle ricerche economiche. Tuttoché fuori del mio istituto, io qui mi sento stimolato di versare, alquanto in generale, sopra la denominazione ed il valore dei nummi pavesi antichi, oltre i tempi sforzeschi e viscontei; e ciò farò non tanto per il desiderio, che n’ebbi un giorno, manifestato di sopra, quanto per la speme, in cui sono, di recare cosa grata agli studiosi e utile alla scienza.

Dall’anno 1315 segnato già, in cui la metropoli fastosa del regno d’Italia passò a far parte dello Stato di Milano, e sicuramente dopo il 1354, quando il secondo Galeazzo aprì quella Zecca con impronti suoi proprî, dubbio non può esservi che corresse moneta imperiale di valore eguale a quella della metropoli. Di questa verità ampie prove troveremo alle rubriche viscontee e del primo Sforza nella uniformità del loro peso e bontà, benché differenti sieno i tipi per i segni municipali propri in allora di ogni zecca italiana. Ed un economista, senza ispezione di monete, se ne persuaderebbe tosto dal prezzo di soldi 32, per li quali era ugualmente nelle due città tassato il fiorino d’oro. Che moneta pure col nome d’imperiale sia stata vigente immediatamente dal tempo di Federico I, quando rivendicar volendo in Italia le così dette regalìe, ossiano i diritti di sovranità, fra cui il gius della moneta, ne comandò la battitura in testa propria e per suo utile nel 1163 in un villaggio poco lungi dalla città no-