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di un medaglista anonimo mantovano 117

tutta sicurezza che il nostro intagliatore di conii ha lavorato nella zecca di Mantova. E ciò ne permette di sperare che un giorno potremo chiamarlo col suo vero nome. Senza dubbio, il suo viaggio in Tirolo dev’essere stato preceduto da un carteggio fra l’imperatore e il marchese Gian Francesco II. Poiché è noto quanto gelosamente allora i principi e gli stati custodissero i propri artisti. Le notizie che noi desideriamo, e che gli archivi austriaci, nonostante le più attive ricerche, non riuscirono a fornirci, possono ancora tuttavia esserci date dagli archivi italiani; ed i nuovi ed importanti risultati che furono pubblicati, appunto in questo stesso periodico, sui medaglisti alla Corte dei Gonzaghi, ci danno animo a bene sperare. Perciò queste righe si indirizzano agli, indagatori d’Oltralpe, così straordinariamente felici nelle loro ricerche nel campo della storia dell’arte, ed avranno adempiuto al loro scopo se riesciranno a far rivolgere la loro attenzione su questo maestro che nei suoi lavori autentici dispiega tanta valentìa. Poiché davvero non è la sola curiosità che ci spinge a ricercare quale fosse il suo nome. Ammettiamo pure che nella sua patria non gli competa che un posto secondario, in confronto di un Bartolomeo Melioli di un Gian Marco Cavalli. Anche la sua attività in Hall, a giudicarne dalle monete che ci restano, sarebbe stata meno svariata di quello che si potrebbe supporre dagli appunti surriferiti dello scrivano della zecca. Tranne in una moneta d’argento col busto di Massimiliano nel diritto e coll’aquila e la leggenda: Moneta nova Comitat. Tirolis (Tav. II, n. 3) nel rovescio, non posso riconoscere con sicurezza la sua mano in nessun altro conio a me