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notizie varie 175

cinque miriagrammi e forse più di piccole monete di rame, molte delle quali andarono in quel primo trambusto disperse o furono trafugate.

Me ne furono portate da diverse persone più di trecento e fui assicurato che tutte le monete contenute nell’anfora sono dello stesso modulo e dello stesso metallo; cioè piccoli bronzi argentati (antoniniani) dello scorcio del III e del principio del IV secolo. I più antichi sono di Gallieno e i più recenti di Massimiano Ercole. Abbondano specialmente quelli d’Aureliano, di Probo e Diocleziano; poi vengono in decrescente proporzione quelli di Claudio Gotico, di Tacito, di Floriano, di Caro, di Numeriano, di Carino e di Massimiano Ercole. Ne trovai pure alcuni di Severina ed uno di Magnia Urbica. Niuno ne incontrai dei due Tetrici, di Postumo e degli altri Augusti regnanti in quel tempo nelle Gallie ed è facile intenderne la ragione.

Sono generalmente di conservazione discreta, e, mentre alcuni pezzi sono profondamente intaccati dalla ruggine, altri presentano una bellissima patina verde scura.

Nei trecento da me acquistati ed esaminati ho trovato due soli tipi nuovi, cioè non notati noi Cohen 2° ediz. Il primo è di Claudio Gotico e presenta nel diritto il busto radiato e corazzato di Claudio colla scritta: imp. c. clavdivs. avg.; nel rovescio il tipo della Clemenza di fronte, rivolta a sinistra, che sta colle gambe incrociate, appoggiata colla sinistra ad una colonna, e tiene nella destra uno scettro. La leggenda intorno è clementia temp. — L’altro è di Tacito ed ha nel diritto il busto radiato e paludato di Tacito colla scritta: imp. c. m. cl. tacitvs avg. e nel rovescio la leggenda virtvs avg. con un soldato a destra, che tiene colla mano destra un’asta obliqua e nella sinistra un globo. Nell’esergo xxiγ.

Ho però trovato una grande quantità di varianti inedite sia nella leggenda del diritto, sia nei simboli, nelle lettere e nei numeri dei rovesci, e siccome di queste varietà io sono curioso ricercatore, ho avuto la soddisfazione di farne amplissima raccolta.

Altri più competenti di me potranno pronunciare sulla natura e sull’origine del ripostiglio. Se mi è lecito proporre una mia congettura, penso essere dalla qualità delle monete esclusa affatto qualunque probabilità che siasi voluto riporre un tesoro. A mio giudizio l’anfora faceva parte di ciò che ora diremmo una cassa militare per gli stipendi! di qualche legione o meglio coorte. Nelle vicende delle fazioni guerresche e delle marcie può essere mancato il mezzo di trasporto, o può il nemico aver incalzato così che l’ufficiale pagatore (quaestor militaris) fosse costretto ad abbandonare l'anfora contenente gli spiccioli necessari alla paga dei soldati, non senza però averla