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ritratto delle loro mogli, oppure delle teste muliebri ideali.

Nei contratti per la battitura di questi luigini, vediamo spesso fra le condizioni per la durata della concessione, che quelle monete siano accettate nella Turchia e negli stati adiacenti. In un contratto stipulato fra il principe G. B. Centurioni e il sig. Luciano Centurioni, in data 6 dicembre 1668, per la battitura dei luigini, si stabilisce “che quella obbligazione non abbia loco e sia nulla sempre che dal Gran Turco o suoi ministri escissero proibizioni, ed ordini rigorosi che non si potesse più introdurre ne’ suoi Stati di detti Ottavetti”1. In un altro contratto, conchiuso dal detto principe con Giuseppe Maria Deferrari, in data 24 dicembre 1668, “si ripete che detta obbligazione però non abbia loco e sia nulla sempre che per parte del Gran Turco da suoi ministri fosse proibito il non potersi più portare né introdurre nei suoi Stati detti ottavetti, di modo che per queste proibizioni non avessero più il dovuto smaltimento” 2.

La stessa condizione vediamo ripetuta in altri contratti di quell’anno 1668 e del seguente.

Altre officine monetarie, fra cui quelle di Tassarolo, di Loano, di Fosdinovo e di Tresana,3 imi-

  1. Olivieri, Op. cit., pag. 31.
  2. Idem, Op. cit., pag. 33.
  3. Su di un luigino anonimo, battuto a Fosdinovo, notiamo noi diritto la leggenda: HANC ASIA MERCEM QVAEBIT. Qaesto, come altri simili, che si leggono su altri luigini pure anonimi, ma certo di fabbrica italiana, provano chiaramente lo scopo a cui servivano queste monete. E così i nostri principi italiani, spacciando nel Levante i loro luigini contraffatti e adulterati, aggiungevano al danno le beffe.