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poche osservazioni sul denaro di l. memmi |
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pitani greci nell’arte della guerra, figura nell’Iliade Menesteo, a capo di cinquanta navi ateniesi: per lui Omero ha lusinghiere parole. Non eravi che Nestore al mondo, il quale uguagliar lo potesse nell’arte di schierar fanti o cavalli[1], arte che tanto giovò ad Atene, quando Eumolpo, figlio di Nettuno, assaliva gli Ateniesi coi Traci[2], e per la quale ottenne da Filostrato il titolo di τακτικώτατος τῶν βασιλέων [3]. Giusta una tradizione riferitaci da Pausania[4], egli avrebbe salpato per Troia dal porto del Pireo insieme ad Acamante e Demofonte[5], e sarebbe stato uno dei primi a salire nel cavallo insieme a Menelao, Ulisse, Stenelo, Diomede, Filottete, Anticlo[6]. La sua vita è una serie di atti gloriosi e magnanimi: sotto le mura di Troia la sua schiera è in prima fila a combattere[7]; egli si scontra con Ettore e lo ferisce alla coscia[8]; torna in patria ove è accolto festosamente dagli ateniesi[9], ed è uno dei giudici del parricida Oreste[10]. Ma ad onta che avesse l’antichità una così chiara idea delle imprese di questa eroe, discordi sono gli scrittori sulla sua fine: vi è chi scrive, e fra questi Plutarco, che dopo la guerra troiana tornasse in Atene ove finì i suoi giorni[11]; Eustazio invece afferma che fosse esiliato dai suoi concittadini[12]; Eusebio narra che reduce dalla guerra di
- ↑ Il. II, 552.
- ↑ Alcidam. in Orat. Att. II. p. 200.
- ↑ Philostr., Heroica. II. 16
- ↑ Paus., I. 1, 2.
- ↑ Lisymach. in Müller, Histor. gr.
- ↑ Quint. Smyrn. XII, 317.
- ↑ Il. XIII, 690; Dict. Cret., I. 14.
- ↑ Dares, XIX.
- ↑ Dict. Cret., VI, 2.
- ↑ Id. VI, 4.
- ↑ Plut., Thes., XIX.
- ↑ Eckhel, Numi Vet., p. 208.