![]() |
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. | ![]() |
184 | ettore gabrici |
erano ispirate piuttosto dalla vanagloria che dalla verità “scripta sunt in iis quae facta non sunt; falsi triumphi; plures consulatus; genera etiam falsa.” La leggenda di Menesteo troiano dovette, fin dai tempi di Ennio, essere divulgata fra i Memmii e durare forse fino ad età inoltrata, quando seguì la fusione delle due mitologie, greca e romana. Questa ipotesi trova una conferma nella, considerazione che i Memmii non acquistarono importanza storica, che nel 538 d. R., fino al quale anno giacquero nell’oscurità, senza che qualche illustre personaggio di quella famiglia potesse diffondere e consolidare la primitiva tradizione della loro origine. Dobbiamo scendere al 667 d. R. perchè la storia faccia menzione la prima volta di un Memmio, oratore noto a tempo delle lotte fra Mario e Silla1. Da questo tempo, come dicevo, la gente dei Mennnii comincia a diventare illustre: vanno ricordati L. Memmio. che militò sotto il comando di Pompeo in Sicilia (672 d. R.)2 e fu questore in Ispagna nella guerra contro Sertorio (677 d. R.)3, e il fratello Gaio, anch’egli questore in Ispagna nello stesso anno, pretore nel 696, propretore di Bitinia il 6974, e finalmente imperator5. Ma già prima di questo tempo era seguita la confusione dell’eroe troiano coll’eroe ateniese nella serie dei Memmii a noi incogniti. Varie furono le cause di questa fusione.
La civiltà romana si lasciò talmente penetrare dalle infiltrazioni del genio greco, che i romani si sentivano più orgogliosi di discendere da antenati