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erano ispirate piuttosto dalla vanagloria che dalla verità “scripta sunt in iis quae facta non sunt; falsi triumphi; plures consulatus; genera etiam falsa.” La leggenda di Menesteo troiano dovette, fin dai tempi di Ennio, essere divulgata fra i Memmii e durare forse fino ad età inoltrata, quando seguì la fusione delle due mitologie, greca e romana. Questa ipotesi trova una conferma nella considerazione che i Memmii non acquistarono importanza storica, che nel 538 d. R., fino al quale anno giacquero nell’oscurità, senza che qualche illustre personaggio di quella famiglia potesse diffondere e consolidare la primitiva tradizione della loro origine. Dobbiamo scendere al 667 d. R. perchè la storia faccia menzione la prima volta di un Memmio, oratore noto a tempo delle lotte fra Mario e Silla1. Da questo tempo, come dicevo, la gente dei Mennnii comincia a diventare illustre: vanno ricordati L. Memmio, che militò sotto il comando di Pompeo in Sicilia (672 d. R.)2 e fu questore in Ispagna nella guerra contro Sertorio (677 d. R.)3, e il fratello Gaio, anch’egli questore in Ispagna nello stesso anno, pretore nel 696, propretore di Bitinia il 6974, e finalmente imperator5. Ma già prima di questo tempo era seguita la confusione dell’eroe troiano coll’eroe ateniese nella serie dei Memmii a noi incogniti. Varie furono le cause di questa fusione.

La civiltà romana si lasciò talmente penetrare dalle infiltrazioni del genio greco, che i romani si sentivano più orgogliosi di discendere da antenati

  1. V. nota. 9.
  2. Plut., Pomp., XI.
  3. Cic., p. Balb., II, 5.
  4. Catull., Carm. X, 28.
  5. Riscontra il danaro del figlio di lui, ove egli ha il titolo di “imperatorBabelon, Memmia. n. 10.