Pagina:Rivista italiana di numismatica 1892.djvu/85

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pesi proporzionali desunti dai documenti, ecc. 81

quest’ultima città, col nome di Carlo Magno, furono coniati, fino a quell’epoca, tremissi d’oro di tipo e di peso eguali a quei di Desiderio1, emergendo da questo fatto che nessuna legge fino allora imponeva all’Italia il cambiamento della moneta. Noti apparisce così per il secondo e più recente cambiamento del nuovo sistema carolino che fu regolato invece da una legge generale, la quale determinava il tipo ed il peso delle monete, ed in seguito stabiliva ancora il luogo in cui dovevano esser coniate.

Che la coniazione della nuova moneta fosse regolata da una legge generale. ce lo dimostrano i contratti, anche colà ove i pagamenti erano facoltativi, con moneta di qualsiasi delle tre officine italiche, cioè di Pavia, di Milano e di Lucca «Denarios grossi et expendivilis de moneta de Pupia et Mediolano seu Lucana».

I romani Pontefici dovettero andare esenti da questa legge generale, perchè la zecca di Roma rimase sempre in loro potere e sotto la giurisdizione loro, e le monete che ivi si coniarono, benché fossero secondo la prescrizione stabilita dalla nuova legge, non ebbero corso comulativo come quelle delle suddette officine collegate, rimanendo) per uso del solo ducato romano. Questo fatto verrebbe a confermare in parte l’opinione di coloro che negano ai re di Francia l’assoluta autorità sopra Roma, da molti pretesa.

L’introduzione della nuova legge carolina per Lucca e Roma avvenne immediatamente dopo l’anno 800 coll’incoronazione e proclamazione di Carlo Magno ad imperatore dei romani2: mentre in Milano e in Pavia era in uso già da qualche anno (796)3.

  1. Memorie e Documenti per servire alla storia di Lucca. T. IX. Tav. III, n. 11 e 12 e Tav. IV, n. 1 e 2.
  2. Vedansi i documenti lucchesi dopo l’anno 800, più oltre riportati, e le monete di Leone III papa, sulle quali il nome di Carlo è seguito dal titolo di imperatore. — Promis, Monete dei romani pontefici avanti il mille. Tav. I, n. 11 e 12 e Tav. II, n. 1.
  3. Fumagalli, Op. cit., pag. 96;, doc. XXIII. Ann. 796: redamus tibi Erminald aut ad tuis heretes argento dinarius nonagenta