Pagina:Rivista italiana di numismatica 1893.djvu/443

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394 bibliografia

blica, come accadde con quelle di molti altri comuni e principi, ma si diffusero in lontane contrade, imponendosi per la loro bontà nei mercati e negli affari e dettando pure norma alla monetazione straniera; onde i grossi ed i ducati veneziani vennero in molti luoghi imitati ed anche copiati in guisa che solo l’esperto osservatore sa distinguere il plagio dall’originale.

Il Papadopoli si professa discepolo del compianto Vincenzo Lazari, che perito in giovane età, non potè dare a Venezia l’intera illustrazione della sua zecca, come ne aveva concepito il pensiero.

In fatti egli mostra di seguirne il metodo strettamente scientifico; laddove nell’esame dei nummi s’attiene alla scrupolosa esattezza, della quale fu maestro lodato il triestino Carlo Kunz. Opera del quale sono quasi tutti i bellissimi disegni che compongono le tavole di questo volume, o che sono intercalati nel testo, e che con mirabile fedeltà riproducono la maggior parte delle monete descritte.

L’A. non tralascia mai di rilevare tutti gli avvenimenti che influirono sulla monetazione. Ad ogni capitolo egli premette de’ brevi cenni intorno alle vicende politiche ed economiche che si svolsero durante il governo di ciascun doge, e come dalla storia trae argomento per meglio illustrare le monete, così di queste approfitta per chiarire i fatti che quella ci presenta oscuri, o per appurarli dalla erronea interpretazione che vi diedero gli scrittori di epoche alla nostra più vicine. Subito da principio l’origine della zecca, che viene esposta con rigorosa analisi de’ documenti, e le più antiche monete veneziane lo conducono a parlare diffusamente dei rapporti della Repubblica con gl’imperatori d’Occidente.

È questo uno dei punti più controversi della storia di Venezia; perchè deficienti ne sono le fonti contemporanee, e perchè gli scrittori che ne trattarono parecchi secoli più tardi, ignorando le vere condizioni del passato, non fecero che raccogliere la parte migliore delle tradizioni, che a loro erano pervenute già alterate a danno del vero sotto l’influsso di fortunate vicende, ed anche queste essi magnificarono, mossi o da ragioni di stato o dall’ambizione di vedere riferita a remota antichità la gloria e la potenza della loro patria. Con loro si accordano pure i posteriori storici veneziani nell’affermare l’assoluta indipendenza di Venezia fino dalla sua origine, ed i moderni, pur riconoscendo con qualche restrizione l’alta sovranità degl’imperatori greci, n’escludono invece quella dell’impero d’Occidente, o non potendo negarla la sottacciono. Tutti questi, meno lo Zon ed il Lazari, ammettono come cosa indiscutibile, che la Repubblica abbia avuto ed esercitato da tempi immemorabili il diritto di zecca. A simile asserzione contraddicono le più antiche