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contributo alla storia della moneta romana 345

da ogni sospetto. Ma ora m’accorgo che non e del tutto inutile spendere qualche parola per istudiare di questo metallo, l’oricalco, donde gli antichi lo estraessero, se lo conoscessero allo stato puro o fosse un prodotto dell’industria, quale ne fosse il pregio. E qui vedo aprirmisi il campo ad una ben intricata ricerca, nella quale si sono provati non pochi cultori di scienze ed archeologi ad un tempo, quali il Savot, il Soumaise, il Bochart, il Kircher, il Launay, il Beckmann, il Rossignol, il Lenz ed altri.

Il compito che io mi propongo è molto più limitato di quello dei mentovati autori, le cui indagini risalgono fino ai tempi omerici e si perdono in un’antichità remotissima. Limiterò la mia breve ricerca all’epoca dell’impero romano, proponendomi di rispondere ai tre seguenti quesiti:

a) se la differenza che io stabilisco tra l’oricalco ed il rame esista in fatto o se quello che i romani chiamavano oricalco non sia in sostanza che una qualità speciale di rame, di color più o meno chiaro;

b) questo metallo chiaro era estratto dalle miniere ovvero un prodotto artificiale?

c) dato che l’oricalco fosse un prodotto dell’industria, possiamo affermare con sicurezza che nell’impero romano avesse maggior pregio del rame puro?

Alla prima domanda si risponde subito, pensando alle due espressioni dei greci χαλκός ἐρυθρός e χαλκός λευκός, con le quali solevano accennare a due differenti qualità di rame1. La spiegazione poi la

  1. Dioscor., Περὶ ὕλης ἰατρικῆς, V. c. 189; Theophr., De Odor., t. I, p. 757 (ed., Schneid.).