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322 francesco gnecchi

tanea al concetto che razionalmente pare dovesse guidare gli antichi romani nella loro monetazione.

Milano, Giugno 1896.

Francesco Gnecchi.               


Poscritto. — La memoria qui sopra era già composta, quando mi arrivò la Revue Numismatique di Parigi con quella di A. Blanchet: Essais monétaires romains, la quale, prendendo le mosse da un punto di partenza ben differente, arriva al medesimo argomento della destinazione originaria dei medaglioni.

Mi fa piacere che la questione abbia destato contemporaneamente l’interesse dei numismatici di diversi paesi, e ciò servirà a rendere più stretti i rapporti delle nostre Riviste accomunandone gli studi. Mi permetta dunque l’egregio amico e collega Blanchet di riassumere brevemente le sue idee, facendovi due righe di risposta.

Il chiaro numismatico parigino, non credendo che la nuova teoria sui medaglioni, per quanto seducente, possa essere ammessa come spiegazione generale, ne propone una nuova, almeno per un certo numero.

Dall’esistenza di alcune prove in piombo, in bronzo o in argento di monete o medaglioni in argento o in oro, vorrebbe dedurre che parecchi dei pezzi giudicati medaglioni, - e precisamente medaglioni senatorii — non fossero che prove di zecca. Io non voglio certo negare l’esistenza di antiche prove di zecca, ed anzi ne ho descritto una nel mio ultimo appunto (N. XXXVIII), un pezzo in argento di Salonino che indubbiamente è la prova di un aureo; ma non mi riesce facile il persuadermi come dall’ammettere tali prove, venga la conseguenza che l’autore vorrebbe dedurre. Il Sig. Blanchet scrive: " Je crois que les désignations empiriques de Cohen Petit médaillon ou moyen bronze; medaillon ou grand bronze; grand bronze frappé sur flan de médaillon, etc. récemment critiquées" — e io so bene chi le ha criticate — " sont en bien des cas plus près de la vérité que les théories savantes. Beaucoup de pièces appelées Médaillons sont certainement des essais de monnaies, car elles sont frappées avec des coins semblables,