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DI UN RITROVO DI MONETE

VENEZIANE, VERONESI E TRENTINE


DEI PRIMORDI DEL SECOLO XIII



La valle di Agordo, (popolata da circa 23 mila abitanti), nella provincia di Belluno, è attraversata dal fiume Cordevole che mette foce nel Piave pochi chilometri al di sotto del capoluogo della provincia. Confina ad Ovest e a Nord colle valli di Fiemme e di Fassa nel Trentino, da cui la separano una corona di pittoresche cime dolomitiche, molte delle quali s’elevano sopra i 3000 metri. Era celebre per le sue miniere un tempo fiorenti, oggi però in decadenza, dalle quali si estraeva galena-argentifera, rame, vitriolo e zolfo; oggidì è conosciuta invece per l’eccellente burro delle sue latterie, che, unite in consorzio, mandano i prodotti di quei fertili pascoli per tutta Italia.

Probabilmente anche questa valle fu conosciuta dai Romani, come lo dimostrano alcune monete, laterizi e bronzi dell’epoca dell’impero rinvenuti in varie località.

La prima volta che s’incontra il nome di Agordo, è in un diploma del 923, con cui Berengario I imp. investe le decime della valle ad Aimone vescovo di Belluno. Dopo d’allora il paese patì frequenti e non lievi danni per scorrerie fatte dai potenti vicini che ne agognavano il dominio: i Duchi di Tirolo, i da Romano, i Carraresi, gl’imperatori ecc., congiuranti tutti a danno dei vescovi di Belluno. Potenti castelli feudali torreggiavano su quei poggi, e anch’essi non contribuivano certo alla quiete di que’ montanari. I quali si sono sempre mantenuti forti ed agguerriti, come specialmente lo dimostrarono nell’eroica difesa contro gli Austriaci nel 1848.

Anche a Digomàn, piccolo villaggio che si eleva sopra