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384 valentino ostermann

un poggio a S. O. di Agordo, poco più su di Voltago, vuolsi sorgesse nei tempi di mezzo un castello o fortilizio, contro il quale potevano irrompere improvvise incursioni, sia dalla valle per Voltago o Rivamonte, come attraverso valichi più arditi, dalle vallate del Mis e del Cismòn.

Nell’Agordino anche per lo passato furono rinvenuti oggetti e monete antiche a Brugnago, a Pedèn su quel di Taibòn ed altrove. Nella primavera del 1894 ebbi notizia che certo Dalla Porta del villaggio di Digomàn, nel fare una vangatura un po’ profonda in un campicello, aveva trovato un secchio di monete antiche. Corsi tosto sopra luogo e mi furono presentati undici grossi veneziani, ed oltre cinque chilogrammi di piccolissime monete, quasi tutte venete e precisamente piccoli, (denari parvi), di Sebastiano Ziani, Orio Malipiero ed Enrico Dandolo. Mi fu detto ch’era stata trovata anche una moneta d’oro, ma che era stata venduta ad un commerciante di Agordo. Un pezzo d’oro in quei tempi in cui non erano stati coniati per anco gli Augustali, i Fiorini ed i Zecchini, mi interessava di vederlo; solo dopo lunghe ricerche raggiunsi il mio scopo. Era una moneta arabo-ispana, per la quale si avevano delle pretese esagerate, come esagerate erano quelle per il tesoretto, dimodochè rinunciai al pensiero di acquistarlo.

Passato un anno e mezzo, il proprietario si convinse d’aver lì un capitale morto, che andava anzi sempre diminuendo, perchè amici e conoscenti volevano avere qualcuna di quelle monete; mandò quindi un parente in cerca di me a Belluno, e, sacrificando io qualche centinaio di lire, si potè finalmente mettersi d’accordo. Mi lusingava il pensiero che frammezzo a tanti denaretti si potesse trovare un qualche bianco o mezzo denaro che sono tanto rari, e forse quello rarissimo di Vitale II Michiel immediato antecessore di Sebastiano Ziani.

Le monete erano state rinvenute chiuse in una busta di cuoio — che disgraziatamente fu subito lacerata a pezzettini per l’avidità di vedere che cosa conteneva — la borsa era stata messa in un secchio di rame avente un grosso manico di ferro e tutto era stato deposto nel terreno a circa venticinque o trenta centimetri di profondità.