Pagina:Rivista italiana di numismatica 1897.djvu/63

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sull’erronea attribuzione al francia, ecc. 59

sione, finisce coll’ascriverglielo a virtij. Né di minore contraddizione dà prova lo stesso Vasari, il quale, dopo aver esposto il Francia a immeritati rimproveri, designandolo capace di tanta ingratitudine verso il suo principale benefattore, poche righe appresso dichiara che " egli ebbe grandissimo dolore de la partita di messer Giovanni Bentivogli, perchè havendogli fatti tanti benefizj gli dolse infinitamente. „

Ma proseguendo le nostre osservazioni, noterò ancora essere inverosimile che il Francia potesse eseguire quattro conii in meno di otto giorni, quanti ne trascorsero dalla partenza del Bentivoglio all’entrata del Pontefice, non computato il tempo occorrente alla battitura delle monete. Molto più consentaneo al vero si è che i conii già preparati portasse seco qualche ufficiale della Corte, o se furono lavorati nella nostra Zecca, siccome narra Alamanno Bianchetti nella sua Cronaca di Bologna mss. a pag. 800, si valessero in parte di punzoni già esistenti; asserzione non destituita di fondamento, se si confrontano attentamente le figure di s. Pietro delle monete di Giulio con quella del ducato del suo predecessore, che ho riportato appositamente al n. 1 della tavola.

Altro argomento contro l’asserzione del Vasari vuolsi trarre indirettamente dalle seguenti parole del cerimoniere Paride Grassi, al quale il Pontefice avea dato incarico di far coniare le monete in discorso: Inde me petiit quantum pecuniarum populo projiciendarum conflari iussissem: Respondi ego ob vias longas a mansione ad cathedralem Ecclesiam, ad quam primo eundum erat, et demum inde ad Palatium maius pro sua Sanctitate paratum, propterea meo quidem iudicio non sufficere ducatos mille tani ex auro quam moneta itaque statuit ut de utroque numismate tria millia, quae consignavit illa die inter popidum dispergenda d. Joanni Gozzadino bononiensi, qui tunc erat Clericus fiscalis, et Datarius apostolicus. Fra tanti particolari nulla ci dice il Grassi dell’incisore di esse, cui non avrebbe omesso d’indicare, a mio avviso, se questi fosse stato il rinomatissimo Francia. Per la qual cosa, se il silenzio di lui su tale proposito, riesce agli altri così eloquente, come si pare a me, chiunque ben vede quanta maggior fede si meriti il Grassi, che scriveva di cosa, di cui ei fu sì gran parte; di quello che il Vasari il quale