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LETTERA DEL MEDESIMO

A L   S I G N O R

C A R L O   D A T I

Sopra l’iscrizione di un Mattone cavato

dalle ruine d’un muro antico

gittato a terra

In occasione di ristaurare il Portico

della Rotonda l'anno 1662.


Niuna cosa può farsi, per mio avviso, (Dottissimo Signor Carlo) da chiunque desidera di giovare agl’Investigatori del vero, o sia nella cognizione delle Scienze, e delle Arti, o negli studj delle belle Lettere, la quale al fine proposto più conferisca, dell’osservazione di quello cose, che apparendo di minor pregio, sono dal maggior numero di coloro, che vi applican l’animo, o non avvertite come minime, o come inutili trascurate, e lasciate da parte. Imperciocchè non consistendo per lo più la perfezione delle scienze, e dell’arti nelle notizie comuni, ma nelle più riposte, e lontane, egli avviene bene spesso, che dall’investigazione delle cose meno osservate, per essere elleno di poca stima più felicemente, che da quella delle più riguardevoli, ed esposte alla considerazione di ognuno, al conseguimento di essa si perviene. Laonde chiunque desidera di condurre felicemente a fine ciò, ch’egli intraprende; ninna cosa dee disprezzare per bassa, e vile, di’ ella sia, purché abbia qualche sorte di corrispondenza, o voglia m dir proporzione con quella, ch’egli intende di voler fare, essendo altrettanto vero, quanto bello quel detto Sofocle nell’Edipo Tiranno.

. . . . Τὸ δὲ ζητούμενον
ἁλωτόν, ἐκφεύγειν δὲ τἀμελούμενον.

Cioè a dire, che quel, che si cerca, si ottiene, ma