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34 la roma sotterranea cristiana

tegoloni commessi a sesto acuto; la sua profondità, che sovente era atta a contener, l’un sopra l’altro, dieci e più corpi, separati da tramezzi di lastre in terra cotta o marmoree, e talvolta fornite, dei respettivi epitaffi. E dai caratteri speciali e propri di queste arche sepolcrali a cielo aperto, argomenta non pure l’epoca di cotali sepolcri tra il IV secolo in circa, ed il V; ma e stabilisce in genere, mediante il confronto di essi con gli avelli della sotterranea regione, una sostanziale differenza tra questi e quelli, sia rispetto alle dimensioni e alla chiusura, sia rispetto alla collocazione e ordinamento delle tombe.

Un altro genere di selpocreti vi scuoprì inoltre il de Rossi; que’ sepolcri, cioè, a forma di largo e profondo pozzo: ove, non si deponevano i cadaveri a strati orizzontali, ma in tanti loculi scavati intorno intorno alle interne pareti; ond’è che non si possono scambiare con i pozzi sepolcrali pagani, mentre in questi secondi, non in loculi, ma nel fondo si adagiavano i cadaveri, con quanti mai attrezzi ed oggetti pertenevano al defunto. Intanto questo nuovo genere di tombe dà qui all’Autore occasione a dissertare sulla differenza che corre tra i puticuli della misera plebe pagana, ed i sepolcri poliandri della fratellanza cristiana.

Che ognuna di coteste tombe accatastate, avesse il suo coperchio, con l’epitaffio talvolta dell’accluso defunto, non è più a dubitare dall’«enorme numero di frantumi epigrafici in pietre di molta mole, trovati spettanti al sepolcreto esteriore ed ai singoli sepolcri, non che titoli di complessivi poliandri» (p. 400). Se non che, riuscì affatto impossibile al ch. Autore, da cotesta farragine indigesta di frantumi restituire a ognuna delle tombe il suo coperchio e titolo. Un solo epitaffio potè trovare intiero: e questo compensò in parte, per la sua singolarità, tanta jattura di memorie. Vi lesse infatti una nuova formola sepolcrale, che oggi per la prima volta apparisce nella cristiana epigrafia; e dimostrò come quel DP STOLIS SVIS (Depositis in sepulcro stolis suis) risponda a capello col rito antico della chiesa di deporre nel sepolcro con la sua bianca veste (stola) il defunto battezzato di fresco.

E fin qui della costruzione e forme varie dei sepolcri cristiani.

Ma qual fu l’antica e tecnica denominazione loro?

A ciò l'illustre p. Marchi avea già risposto nella sua Architettura cimiteriale cristiana1; ond' è il ch.mo de Rossi se ne sarebbe potuto sbrigare qui in brevi parole, se la distinzione oggimai certa e

  1. Pag. 100-102 e 114 e seg.