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dell’individuo che a un certo punto grida il suo «basta» e rivendica con gli atti il supremo diritto alla ribellione.
Il processo fu un dramma continuo, nel quale le passioni si purificarono e i cuori non di rado batterono all’unisono. Tutti sentivano chiaramente che non era più in gioco la sorte miserabile di qualche uomo, ma la vita di un grande principio morale. I giudici che per loro stessa confessione soffersero terribilmente durante il dibattimento, erano consapevoli della storica responsabilità del loro verdetto.
Tu avresti dovuto vedere l’ultima sera. Si ritirano i giudici, la folla si accalca fino all’inverosimile, studenti e combattenti, amici noti ed ignoti circondano la gabbia. Intanto durante le quattro ore di deliberazione, il grande cortile del palazzo e la piazza antistante si riempiono di una grande folla operaia, muta ma inflessibile. Dava proprio l’impressione di essere là per giudicare i giudicatori.
Finalmente il campanello suona. Il verdetto viene accolto con un grido unanime di gioia e con una grande salva di applausi. La gabbia è presa d’assalto. Dopo un’ora, poiché la folla in cortile non si smuoveva, fummo fatti sortire per una uscita secondaria, e a piedi in gran fretta raggiungemmo il carcere. Ti risparmio i cento particolari gentili, dai fiori che dovevano essere gettati al nostro (al tuo...) passaggio, ai carabinieri che, togliendoci le manette, ci stringevano la mano commossi, all’impresario dei trasporti
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