Pagina:Rovetta - Baby e tiranni minimi.djvu/205

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tiranni minimi 205


quelle strette, o perchè le entrava nell’occhio uno dei peli duri come setola, che spuntavano qua e là, dritti e solitari, sui bitorzoli materni.

Quelle ore lunghe, eterne del Caffè, erano proprio un supplizio per la povera Agnese. Non sapeva come stare, come muoversi, dove guardare, che cosa rispondere ai professori che la interrogavano, tenuta sempre in una gran soggezione dalle occhiatacce e dai cenni stizzosi della signora, che la bambinaia studiava attenta, spaurita, ma che non riusciva a capire, perchè non indicavano mai le stesse cose. E rimaneva lì muta e sgomenta, cogli occhi imbambolati, rossi e gonfi, per il gran piangere che aveva fatto durante il giorno. Soltanto sulla faccia assonnata del conte Venceslao ella intravedeva, qualche volta, uno sguardo benigno di compassione! e la bimba avea preso a voler bene al signor Conte, e gli era grata anche di quella timida e inefficace pietà: e la poveretta soffriva tanto, in cuor suo, quando la padrona lo trattava male.

Del resto già, era da vedersi che il buon uomo con la moglie non ce la poteva!...