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136 giulio cesare

e volgi invece i tuoi pensieri a più degno subbietto. — Bruto e Cassio innalzarono il vessillo della rivolta; forza è abbatterli. Pensiamo ora al mezzo: chiamiamo i più fidi nostri a raccolta, e apprestiamoci a spiegare tutto il nostro valore. Vieni intanto al Consiglio.

Ott. Andiamo; e possano i nemici che ne latrano intorno, e quelli che sotto il sorriso covano il tradimento, essere in breve da noi interamente disfatti.

(escono)

SCENA II.
Un campo innanzi alla tenda di Bruto, In vicinanza di Sardi.
Suono di guerra. Entrano Bruto, Lucilio, Lucio, con seguito
di soldati
. Titinio e Pindaro gli incontrano.

Br. Fermatevi.

Luc. La parola d’ordine; olà! fermatevi.

Br. Ebbene, Lucilio; Cassio dov’è?

Luc. Ne segue da presso; e Pindaro l’ha preceduto per salutarvi in nome suo.

(Pindaro dà una lettera a Bruto)

Br. M’è caro il suo saluto. Pindaro, il tuo signore, e per sè e per suggestione nemica, ha fatta cosa che vorrei fatta non fosse; ma posciachè qui viene, ei me ne darà ragione.

Pind. Confido che il mio nobile signore non ismentirà se medesimo giammai.

Br. E fermamente io pure io credo. — Lucilio (a parte), dimmi, come fosti da lui accolto?

Luc. Con civile riguardo; ma non con quella fraterna confidenza che gli era un tempo famigliare.

Br. E con ciò tu mi pingi un caldo amico, il cui affetto a un tratto intepidisce. Bada, Lucilio, che l’amistà, quando comincia ad alleviarsi, ad estinguersi, s’adorna sempre con cerimonie d’affetto; e bada che nella schietta ed ingenua fede non è artifizio, non finzione veruna. Gli uomini di cuor arido e secco rassomigliano a que’ corsieri che fan pompa d’ardore e di prodezza finchè la sola mano gli preme; ma che inclinano vilmente il fiacco capo nell’istante in cui lo sperone insanguinato gli incita ad avventarsi. — E il suo esercito è seco?

Luc. Stanzierà stanotte in Sardi. Il grosso delle armi e tutta la cavalleria verran con lui.

(s’ode una marcia lontana)     

Br. Ascoltiamo... ei giunge; andiamo ad incontrarlo.

(entra Cassio co’ suoi soldati)