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Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/155

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144 giulio cesare

Ah! che vegg’io? Quale orrenda visione mi sta dinanzi. (lo spettro fa un passo verso Bruto) Ei mi vien contro...! Oh! sei tu vera cosa? Sei tu un Dio, un Genio, un Demone d’Averno, tu che m’agghiacci il sangue e mi fai rizzare le chiome? Parla; chi sei?

Spett. Il tuo cattivo Genio, Bruto.

Br. Ma che vuoi da me?

Spett. Dirti che mi rivedrai a Filippi.

Br. Ti rivedrò?

Spett. Sì a Filippi. (lo spettro svanisce)

Br. Ebbene, ciò sia; colà ti rivedrò. Ed ora, che ritornavano tutto il mio coraggio, perchè, malvagio spirito, svanisci? Vieni, ch’io ti parli ancora; che di più io senta da te! Oh! invano! invano...! Ebbene, destatevi, amici. Lucio, Varrone, Claudio, destatevi tutti.

Luc. Le corde della lira, signore, non si armonizzano.

Br. Ei crede ancora tenerla. Lucio, ti sveglia.

Luc. Signore!

Br. Sognavi, Lucio, mandando quel gemito?

Luc. Non ho memoria d’aver gemuto mai.

Br. Sì; dianzi esalasti dal petto un lamento. Vedevi forse qualche oggetto fuor di natura?

Luc. Nulla vidi, signore; nulla.

Br. Riaddormiti; e voi invece svegliatevi.

Varr. e Claud. Signore!

Br. Perchè mandaste quelle grida dormendo?

Varr. e Claud. Noi, signore?

Br. Sì. Aveste fiere visioni?

Varr. Nulla vidi, signore.

Claud. Nè io tampoco; vel giuro.

Br. Ite allora a Cassio e ditegli che metta tosto in moto l’esercito, e ci preceda in quella via in cui fra poco lo seguiremo.

Varr. e Claud. Sarà fatto, signore.

(escono)