Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/186

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atto secondo 175

se evocassimo qualche altro spirito nel circolo magico della sua ganza, e ve ’l lasciassimo infin ch’ella si fosse sottomessa al suo potere. Ma la mia invocazione è nobile e graziosa; ed è solo in nome della sua donna che l’esorto a mostrarsi.

Benv. Vieni: ei sarà penetrato nel più interno di quel bosco, per non avervi a compagne che la notte e le sue ombre malinconiche; il suo amore è cieco, e si uniforma bene alle tenebre.

Merc. Se cieco è il suo amore, mal vedrà il bersaglio. Ah! senza dubbio egli ora se ne starà assiso sotto qualche antico salice, per esalarvi fra l’aure gl’insensati suoi voti, e porger preci affinchè la sua fanciulla si renda flessibile come i rami che gli stan sopra. Romeo, buona notte; me ne vuo’ ire a letto. Questo strato de’ campi è per me troppo freddo, dormire non potrei. — Andiamo, Benvolio.

Benv. Andiamo, imperocchè è vana cosa il cercare un uomo, a cui non piace di essere trovato.

SCENA II.

Giardino dei Capuleti.

Splende la luna. Romeo entra.

Rom. L’Amore irride solo colui che non fu mai ferito da’ suoi dardi. (Giulietta si mostra al verone) Che veggo? Qual luce scende da quel verone? Ah! l’Oriente è quello, e Giulietta n’è il Sole! Sorgi, bel Sole, sorgi, ed eclissa quest’invida Luna, che mal patisce che tu, vergine del suo culto, splenda più chiara di lei. Spoglia le bende tue, dacchè le sei fatta incresciosa, e muta la bianca tunica della Verginità nel roseo mantello dell’Amore. Ah! sì, Giulietta, sei tu... sei tu, cuor mio. Oh dirti almeno potessi tutto che io sento per te! E’ sembrami vederla parlare, e niun suono ascolto della sua voce... Ma i suoi occhi favellano eloquenti, ed io loro risponderò. — Troppo fui temerario! a me non parlava. I due astri più belli del firmamento, chiamati ad illuminare altri mondi, pregarono gli occhi di lei ad assumere il posto loro. Ma se anche quegli occhi brillassero nell’etere celeste, lo splendore delle sue guancie oscurerebbe tutte le altre stelle, come il raggio del sole rende pallidi i lumi del nostro emisfero. Oh! sì, se quelle luci fossero nel cielo, gli uccelli ingannati dal chiarore che se ne diparte, canterebbero per tutta la notte, credendo salutare l’Aurora. — Ecco, essa declina il suo volto su quella mano di rose... Oh foss’io il guanto che quella mano ricuopre, onde essere al contatto di quella tenera guancia!