Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/194

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atto secondo 183


Merc. Ma privo dell’adipe che gli stava intorno, ma secco e dilombato come un’aringa. — Oh amico, amico, come sei fatto macro!1 — Eccoti ora interamente assorto nei teneri versi del Petrarca! Ma, appo la tua donna, sono certo che la Laura di quello non sarebbe stata che una guattera, sebbene avesse un miglior poeta per celebrare i suoi vezzi. Didone ancora a tal pareggio sarebbe sembrata una femmina di mal affare; Cleopatra una zingana; Elena ed Ero due frasche. Ma veniamo a noi. Bonjour, messer Romeo; eccovi un saluto alla francese, in cambio del modo francese con cui ci lasciaste iersera.

Rom. Buon giorno ad entrambi. Ma a che cosa alludete?

Merc. Al modo con cui ci scappaste. M’avete ora compreso?

Rom. Perdono, buon Mercuzio; una forte doglia mi opprimeva2.

Merc. Ed ora più non t’opprime? Ne sia gloria al Creatore! Or di’, Romeo, non vai meglio far pompa di bei motti, che consumar la vita fra gemiti e dolori? Ah! quell’amor tuo t’infondeva tal patetica mestizia, che il vederti era eccellente ricetta contro le tentazioni.

Rom. Cessa da’ tuoi scherzi, Mercuzio; e’ sono inopportuni.

Merc. Tu vuoi che cessi allorchè ho appena incominciato?

Benv. Sì, perchè altrimenti ti diffonderesti di soverchio.

Merc. Oh! t’inganni: gli scherzi miei attingon sempre tosto la loro meta.

Rom. Ecco una vaga coppia. (entrano la Nutrice e Pietro)

Merc. Una vela, una vela, una vela!3

Nutr. Pietro!

Piet. Che volete?

Nutr. Il mio ventaglio, Pietro.

Merc. Ben fai, Pietro, a darle di che nascondersi il viso.

Nutr. Buon giorno, signori.

Merc. Buon tramonto, madonna.

Nutr. È forse l’ora del tramonto?

Merc. È come se fosse, madonna; imperocchè l’oscena sfera del tempo sta ora appunto per isprofondarsi nel bel mezzo... del giorno.

  1. Il testo ha: O flesh, flesh, how art thou fishified? cioè: Oh carne, carne, come ti sei pescificata!
  2. Omettiamo alcuni inutili giuochi di parole fra Romeo e Mercuzio, impossibili a tradursi.
  3. Allude forse alla nutrice, che essendo donna, è riguardata da lui come cosa che piega ad ogni soffiar di vento.