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90 il re lear

nobiltà regia. Vieni fra le mie braccia. Possa la disperazione dilaniarmi ogni fibra, se mai odiai te o il padre tuo.

Edg. Degno principe, lo credo.

Alb. Dove rimanesti nascosto? come fosti istruito delle sventure di tuo padre?

Edg. Sovvenendole, signore. — Udite un breve racconto; e finito ch’io l’abbia, oh possa il mio cuore spezzarsi! — Per sottrarmi alla sanguinosa proscrizione che minacciava i miei dì (l’amore della vita è egli possibile che duri perenne anche fra gli spasimi di morte?) mi travestii coi cenci del mendico, e mi mostrai sotto l’esterno più abbietto. Così cangiato trovai mio padre, le cui ferite sanguinavano ancora; le adorate pupille del quale erano state barbaramente strappate. Divenni sua guida: accattai per lui di tugurio in tugurio la vita; e tanto feci, che lo salvai dalla disperazione. Non mai, so che era male, non mai mi diedi a conoscere a lui durante il nostro pellegrinaggio; e solo un’ora fa, allorchè m’accingeva a combattere, fidente di vittoria, gli rivelai il mio nome e i disagi patiti, e lo richiesi della sua benedizione. Oimè! il suo cuore era troppo debole per sopportare la lotta potente del dolore e della gioia. Inetto a sostenere più a lungo l’urto di due tremende passioni, il suo cuore s’è franto mentre i suoi labbri sorridevano ancora.

Edm. Il vostro racconto m’ha commosso, e forse riuscirà a bene. Parlate; vi resta altro da dire?

Alb. Se cose più dolorose delle già esposte ti rimangono a rivelarci, desisti; quelle che già intesi m’hanno intenerito anche troppo.

Edg. Dissi quanto bastava perchè mi si credesse al colmo dei mali, ma v’hanno creature che si compiaciono dei dolori altrui, che di sventure non sono mai satolle, e bramano udirne finchè l’occhio loro spazi nell’abisso delle umane avversità. — Dando sfogo al mio dolore con grida feroci, sopravvenne un uomo che m’avea visto un tempo nel mio stato di miseria e d’obbrobrio, e sfuggiva il mio odioso consorzio: ma riconoscendo chi era quegli che sopportato aveva tanti flagelli, si slanciò al mio collo, mi strinse fra le braccia, e alzando urli da squarciare le vòlte dei cieli, baciò il cadavere di mio padre, rammentandomi di sè e di Lear la più dolorosa istoria che mai ferisse orecchio mortale. L’angoscia sua cresceva tanto coll’inoltrar del racconto, che tutte le molle di sua vita pareano in procinto di rompersi. In quel punto la tromba per la seconda volta squillò, e io l’abbandonai in uno stato meno di vita, che di morte.