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258 il mercante di venezia


ATTO QUARTO



SCENA I.

Venezia. — Un tribunale.

Entrano il Doge e i Magnifici; Antonio, Bassanio, Graziano, Salarino, Salanio ed altri.

Dog. Antonio è qui?

Ant. Così piaccia a Vostra Grazia.

Dog. Me ne duole per te. Tu hai a fare con un avversario inflessibile come il marmo, con uno sciagurato incapace di pietà, nel cui cuore non sta dramma di misericordia.

Ant. So che Vostra Grazia volle assumersi molti fastidi per cercar di moderare il rigore suo; ma poichè egli rimane inesorabile, nè vi è alcun mezzo che valga a sottrarmi al suo abbonimento, io opporrò la mia pazienza al suo cruccio, e sono pieno di coraggio per soffrire.

Dog. Andate e fate entrare l’ebreo.

Salar. Ei sta alla porta e viene oltre, signore.

(entra Shylock)

Dog. Fategli posto e lasciatelo venire dinanzi a noi. — Shylock, tutti pensano, ed io ancora, che tu non vorrai condurre che fin presso al suo ultimo termine la tua strana malizia, e che allora la clemenza tua e la tua pietà sorpasseranno la efferatezza che ora mostri; onde, invece di esiger la pena dell’obbligazione, vorrai non solo ristartene, ma rimettere eziandio a questa povero mercante una metà del suo debito, gettando uno sguardo di compassione sulle sue sventure. Esse sono tali che commuoverebbero una rupe e farebbero piangere i Turchi e i Tartari, le di cui alme feroci non conobbero mai le dolcezze della beneficenza. Aspettiamo da te una risposta favorevole, ebreo.

Shy. Ho partecipate le mie risoluzioni a Vostra Grazia, ed ho giurato pel santo giorno del sabbato di ottenere piena soddisfazione. Se voi me la rifiutate, possa tale ingiustizia ricadere sulla libertà della vostra Repubblica! Mi chiederete forse perchè mi piaccia più di prendere una libbra di carne corrotta, che tremila ducati? A questo non saprei altro rispondere se non che è un pensier mio, e questa ancora parmi una risposta. Se un topo mi