Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/368

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atto primo 9


Elin. Vergogna a te, villano! Tu deturpi tua madre e ferisci il suo onore con sì fatta diffidenza.

Fil. Io, signora? No: io non ho alcun interesse a farlo: è questa la pretesa di mio fratello, e non la mia. S’ei può fornirne prova, mi fa cader dalle mani almeno cinquecento belle lire sterline di reddito annuo. Conservi il Cielo l’onore a mia madre e a me la eredità.

Gio. Rozzamente franco è costui! E perchè dunque, se l’altro nacque dopo di te, pretende egli alla tua eredità?

Fil. Non so il perchè, se non è per aver le mie terre. — Una volta ei m’ha insultato col nome di spurio. — Se io sia nato legittimo o no, è cosa di cui lascierò rispondere la madre mia; ma ch’io sia, mio principe, nato tanto bene quanto lui (Dio accordi pace alle ossa che si presero la pena di generarmi!) è cosa che potrete conoscere comparando i nostri volti. Giudicate voi stessa se fu il vecchio sir Roberto che ne mise al mondo entrambi, e se è possibile ch’ei sia nostro padre, ed io suo figlio. Oh vecchio sir Roberto, inginocchiato, io ringrazio il Cielo di non rassomigliarti.

Gio. Che strano pazzo ne fu qui mandato?

Elin. Havvi nel suo viso qualcosa alla Cuor-di-Leone; di ciò vi è pure nel suo accento e nel suono della sua voce. Non vedete voi alcuna somiglianza con mio figlio nell’alta e forte persona di costui?

Gio. I miei occhi lo hanno bene osservato, e lo trovano in tutto simile a Riccardo. — Giovine, parla: qual cosa ti muove a reclamare le terre di tuo fratello?

Fil. Il non aver egli che un mezzo volto come mio padre, e il volere per quel mezzo volto tutti i suoi possedimenti. Ad un mezzo volto cinquecento lire ogni anno!

Rob. Mio grazioso sovrano, allorchè il mio genitore vivea, vostro fratello molto se ne servì...

Fil. Sta bene: ma questo non è un titolo per carpir le mie terre. Quel che dovete spiegare, è come ei si servisse di mia madre.

Rob. (continuando) E un giorno lo spedi ambasciatore in Alemagna per trattarvi con quel sovrano bisogne gravi riferentisi a quei tempi. Durante la sua lontananza ei fe’ soggiorno in casa di mio padre, e quali fossero i di lui progressi e la sua vittoria, arrossisco in dirlo: sebbene la verità sia verità. Vasti mari s’estendevano fra mio padre e mia madre adunque, come molte volte lo intesi dire al genitore mio stesso, allorchè il robusto garzone che lì vedete fu generato: onde mio padre col suo testamento,