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Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/411

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52 il re giovanni


Sal. È il nostro dolore che parla, e poco ci cale del rispetto dovuto.

Fil. Ma il vostro dolore non ha motivi, e quindi sarebbe ragionevole dare a divedere la vostra deferenza.

Pem. Messere, messere, l’impazienza ha i suoi privilegi.

Fil. È vero; quello d’insultare il proprio signore, ma null’altri che lui.

Sal. Ecco la prigione.... oh! chi giace là? (vedendo Arturo)

Pem. Morte! qual vittima hai tu mietuta in questo giovine principe, sì pieno di grazia e di innocenza! La terra non ha una grotta per nascondere un tal delitto.

Sal. L’omicidio, come se abborrisse egli stesso ciò che ha fatto, sta aperto ai vostri occhi per eccitarvi alla vendetta.

Big. O allorchè esso condannò questo bel fanciullo, al sepolcro, trovò la tomba indegna di lui.

Sal. Sir Riccardo, che ne dite? Vedeste mai, leggeste mai nulla di simile? Potreste immaginarlo? Potreste crederlo? Ora anche che lo vedete, non avete pena a concepirlo, e se nol vedeste, la vostra mente potrebbe essa mai venire in tale supposizione? Sì, è l’ultimo, il più indegno, il più crudele dei delitti! Fu l’opera più vergognosa, più truculenta, più barbara; il colpo più vile e più selvaggio che mai il furore o l’ira dagli occhi sfolgoranti offerisse alle lagrime della tenera pietà!

Pem. Cotesto assassinio assolve tutti quelli che sono stati fin qui commessi! Accanto a questo delitto incomparabile tutti i delitti dell’avvenire sembreranno innocenza e virtù; e dopo esempio sì orribile, versare il proprio sangue non sarà più che un sollazzo.

Fil. Fu azione atroce e degna d’inferno, fu opera di mano spietata oltre ogni credere, se pure fu opera di alcuna mano.

Sal. Se pure fu l’opera di alcuna mano. Noi ben prevedemmo quel che doveva seguire. Opera fu cotesta del vergognoso Uberto che seguì il dettato del suo vilissimo re. Questo re io l’abbiuro fin d’ora con tutta l’anima, e prostrato dinanzi a questi avanzi sanguinosi e cari, cui governava anima sì bella e perfetta, offro loro per incenso il mio voto, il voto sacro che fo di non gustar più alcun piacere del mondo, di non lasciar più sorridere nella mia anima alcun sentimento di gioia, di non conoscer più nè riposo nè serenità, finch’io non abbia illustrato questo braccio colla santità della vendetta.

Pem. e Big. Le nostre anime confermano religiosamente il tuo giuramento.     (entra Uberto)