Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/436

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atto primo 77

donate, riconciliatevi. — Buon zìo (a Gaunt), questa contesa finisca dove ha cominciato: noi calmeremo il duca di Norfolk: voi, il vostro figlio.

Gaunt. Ben si addice alla mia età il far da paciere. Restituisci, mio figlio (a Boling.), il guanto al duca di Norfolk.

Ricc. E tu, Norfolk, rendigli il suo.

Gaunt. Ebbene, Enrico? L’obbedienza te lo comanda. Io non dovrei ripeterlo due volte.

Ricc. Su, Norfolk, l’imponiamo; non vi ha risposta: restituìscigli il suo guanto.

Norf. Ai tuoi piedi, mio sovrano, mi prostro. Puoi disporre della mia vita, ma non del mio onore. Il mio dovere ti sottomette l’una; ma il mio bel nome, che, in onta della morte, vivrà sulla mia tomba, tu non puoi oscurare. Io sono accusato, vilipeso, insultato, trafitto nel cuore dal dardo venefico della calunnia, e non v’è altro balsamo che possa guarire la mia piaga fuori del sangue del cuore di colui, la di cui bocca ha esalato il veleno.

Ricc. Ben sarà forza che questa rabbia si freni. Dammi il suo guanto. I lioni addomesticano i leopardi.

Norf. Sì, ma non possono cancellarne le macchie. Lava il mio disonore e cederò il mio guanto. Mio amato e diletto signore, il tesoro più puro che possa dar questa vita terrena è una riputazione incontaminata. Togliete questo bene, gli uomini non son più che una materia dorata, un’argilla dipinta. Il diamante prezioso, racchiuso con dieci sbarre di ferro in uno scrigno, è il coraggio in un cuor leale. Il mio onore e la mia vita; tutti e due non fan che uno. Se mi togliete l’onore, non ho più vita. Perciò, mio caro signore, lasciate ch’io lo difenda, avvegnachè sia per lui ch’io vivo, per lui che debbo morire.

Ricc. Cugino, gettate quel pegno; datene l’esempio.

Boling. Il Cielo salvi la mia anima da bassezza sì vergognosa! Mi mostrerei io colla fronte umiliata dinanzi a mio padre, smentendo la mia fierezza col volto pallido di un supplicante, e ciò in faccia a questo abbietto ch’io sprezzo? Prima che la mia lingua oltraggi il mio onore con tal viltà e si disdica con tanta vergogna, i miei denti la sbraneranno e la sputeranno sanguinosa in volto colui in cui sta l’ignominia.     (Gaunt esce)

Ricc. Noi non siamo nati per chieder grazia, ma per dar comandi; e poichè non possiamo imporvi di essere amici, pensate a venire, o le vostre teste me ne risponderanno, a Coventry il giorno di san Lamberto. È là che le vostre spade e le vostre lancie porran fine alla contesa del vostro odio: e giacchè non