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atto quinto 139


SCENA VI.

Windsor. — Una stanza nel castello.

Entrano Bolingbroke e York con lórdi e seguito.

Boling. Gentile zio York, le ultime novelle che udimmo ci arrecano che i ribelli arsero la città di Cicester: ma se fossero presi o uccisi, è ciò che ignoriamo. (entra Northumberland) Ben venuto, milord; quali novelle?

Nort. Dopo i miei voti per la prosperità del tuo regno, le novelle più recenti son queste: ho mandato a Londra la testa di Salisbury, di Spencer, di Blunt e di Kent: troverete in questo scritto (dandogli una carta) tutti i particolari che li fecero condannare.

Boling. Noi ti ringraziamo, gentil Percy, de’ tuoi servigi, e sapremo riconoscerli con eque e degne ricompense.

(Entra Fitzwater)

Fitz. Milord, ho mandato da Oxford a Londra i capi di Brocas e di sir Bennet Seely: due de’ più pericolosi traditori della cospirazione, che intendeva ad assassinarvi in Oxford.

Boling. Le tue pene, Fitzwater, non saranno dimenticate: grande è il tuo merito, lo conosco.

(entra Percy col Vescovo di Carlisle)

Percy. Il capo della congiura, l’abate di Westminster, oppresso dai rimorsi e divorato dall’angoscia del suo delitto, è sceso nel sepolcro: ma ecco Carlìsle in vita per subire la tua condanna regia, adeguata alla sua superbia.

Boling. Carlisle, ecco quello ch’io per te decreto: scegli qualche asilo più solitario, più romito di quello in cui dimori, e vivi in pace, innocente e libero. Tu fosti sempre mio nemico; ma io discersi in te talvolta qualche lucida scintilla di onore.

(Entra Exton, con seguito portante una cassetta)

Ex. Gran re, colà dentro, (additando la cassetta) sta sepolto ogni tuo timore. Colà dentro, privo di vita, giace il maggiore dei tuoi nemici, Riccardo di Bourdeaux, qui da me recato.

Boling. Exton, non ti ringrazio, perocchè tu hai commessa un’opera di cui l’obbrobrio ricadrà sul mio capo e oscurerà tutto il mio regno.

Ex. Dalle vostre stesse parole, signore, fui indotto a questo atto.

Boling. Quelli che abbisognano di veleno» non amano però il