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Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/606

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ATTO SECONDO 245

io v’immergerò questo coltello nel petto, se la volete fare da ribaldo con me. Via, mangiator d’aglio! Via, avanzo di forca! Da quanto in qua, ve ne prego, signore, siete voi alfiere?

Pist. In fede mia, convien ch’io mi vendichi di tante ingiurie.

Fal. Basta, Pistoll; non vorrei prorompeste a male creanze: allontanatevi da noi, Pistoll.

Ost. No, buon capitano Pistoll: no, buon capitano.

Doll. Capitano! Abbominevole ribaldo, non arrossisci d’esser chiamato capitano! Se i capitani pensassero come me, baderebbero assai, perchè persone della tua specie non disonorassero il loro grado. Tu capitano! Perchè? Pei mille farti commessi? Capitano egli? Appiccatelo! Ei vive di rapine e di lenocinii. Capitano! Codesti scellerati renderanno tal parola più odiosa che non lo è quella del demonio. Perciò, o capitani, attendete a codesto.

Bard. Pregoti, esci, buon alfiere.

Fal. Odi tu, mistress Doll?

Pist. Non io: vuo’ vendetta di lei.

Pagg. Pregoti, vattene.

Pist. Vuo’ vederla prima dannata: prima vuo’ vederla all’irremeabile lago di Pluto, all’infernal riviera, con Erebo e i suoi strazii. Afferratela, dico io, afferratela, cani! Struggetela! Non è questa la nostra Irene?

Ost. Buon capitano, calmatevi; è molto tardi, in verità: e vi chieggo di non aggravare la vostra collera.

Pist. Piacevole umore affè! Le rozze dell’Asia, che non sanno far trenta miglia al giorno, dovrannosi paragonar coi cavalli di Cesare? I Troiani coi Greci? No, piuttosto vadan tutti dannati col re Cerbero, e mugghi a sua posta il cielo.

Ost. In verità, capitano, sono parole amare queste che proferite.

Bard. Itevene, buon alfiere: ciò susciterà contese.

Pist. Morite, uomini come cani; date corone come spille; non abbiam noi qui Irene?

Ost. Sull’onor mio, capitano, non v’è qui alcuna di tal nome. Che! Credereste voi ch’io volessi negarlo se vi fosse?

Pist. Dunque mangiate, e impinguate, mia bella Calipoli: venite, versatemi da bere. Se fortuna me tormenta, sperate me contenta. Forse che noi temiamo? No, faccia fuoco il demonio: datemi da bere; e tu, amor mio, riposati costì (deponendo la spada). Qual razza d’incontro avemmo noi?

Fal. Pistoll, vorrei starmi quieto.