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300 IL RE ENRICO V


vediate i superbi loro pedi sul seno della terra. Tocca a voi a creare ora i re, nella loro maestà; a trasportarli da un luogo all’altro, varcando le barriere del tempo, e racchiudendo gli avvenimenti di parecchi anni, nello spazio di un'ora. Per supplire alle lacune, concedete che un Coro compia i racconti di questa storia drammatica: è esso che, in questo momento facendola da prologo, implora la vostra attenzione, e vi supplica di ascoltare con benevolenza, e di giudicare con generosità l’opera nostra.

(esce)

SCENA I.

Londra. — Un’anticamera nel palazzo del Re.

Entrano l'arcivescovo di Canterbury e il vescovo di Ely.

Cant. Milord, vi dico che è assai chiesta la sanzione di quel decreto, che sarebbe già passato contro di noi l’undecimo anno del regno dell’estinto re, se la tumultuosa agitazione di quei tempi non ne avesse interrotto l'esame.

Ely. Ma, milord, quale ostacolo gli opporremo oggi?

Cant. È ciò a cui vuol pensarsi. Se tal decreto è sancito, perderemo la più bella metà dei nostri domimi: perocchè tutte le terre laiche che la pietà dei morenti ha lasciate alla Chiesa ci saran tolte. Ecco la tassa: prima una somma bastante per mantenere in onore del re fino a quindici conti, mille e cinquecento cavalieri, e seimila e dugento buoni gentiluomini; poscia per sollievo degli appestati, e dei vecchi infermi e languenti, cui la troppa età toglie al lavoro, cento ospitali forniti di ogni cosa bisognevole; di più per gli scrigni di chi ne governa mille lire sterline ogni anno: tale è il proposto decreto.

Ely. Simile taglia lascierebbe un profondo vuoto aei nostri tesori.

Cant. Un vuoto? Essa gli esaurirebbe.

Ely. Ma come impedirla?

Cant. Il re è generoso e pieno di dolcezza.

Ely. È inoltre amico sincero della Chiesa».

Cant. Questo non promettevano le follìe di tua gioventè. Appena la vita abbandonò suo padre, ogni sua inclinazione al male sembrò finire, e nel medesimo istante la ragione, com'angelo disceso dal Cielo, venne e cacciò dal suo seno il colpevole Adamo. La sua anima purificata ridivenne un paradiso, in cui rientrarono l’innocenza e gli spiriti celesti. Non mai giovine s’abbeverò più rapidamente alla coppa della scienza; non