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Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/706

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ATTO QUARTO 345


Enr. Il vostro rimprovero è troppo acerbo: mi sdegnerei con voi se il tempo fosse propizio.

Wil. Facciamone un soggetto di contesa, se viviamo.

Enr. Accetto.

Wil. Come vi riconoscerò?

Enr. Concedetemi qualche pegno, e lo porterò nel mio berretto: se quindi oserete riconoscerlo, seguirà il combattimento.

Wil. Eccovi un guanto; datemene uno dei vostri.

Enr. Pigliate.

Wil. Questo io pure porterò nel berretto; se verrete da me dopo dimani, e mi direte: mio è quel guanto, per questa mano vi turerò le orecchie.

Enr. Se vivo abbastanza ne farò esperimento.

Wil. Tanto amereste di essere appeso.

Enr. Bene, vi troverò, foste anche in compagnia del re.

Wil. Attenete la vostra parola: addio.

Bat. Siate amici, folli inglesi, siate amici; ne abbiamo abbastanza della Francia, in fatto di contese.

Enr. Senza dubbio i Francesi possono scommettere venti corone contr’una che ci batteranno: ma non è un tradir l’Inghilterra il disputare amichevolmente come noi lo abbiam fatto. — (escono i soldati) Sul conto del re! La vita, le anime, i debiti, le spose, i figli, i peccati, tutto sul conto del re! Sarem noi dunque caricati di tutto! — Oh dura condizione, compagna inseparabile della grandezza! Il sovrano andrà soggetto alle ciancie d’uomini stolti e volgari, la di cui anima non sente che i proprii dolori! Di quante dolcezze son privi i re, le quali godono pure i loro sudditi! Ma che hanno i re, che i privati uomini non abbiano, ad eccezione di questo vano apparecchio di splendore? E che sei tu, idolo vano, dolorosa Maestà? Quale specie di divinità sei tu, tutto il cui privilegio sta nel soffrire mille mortali angoscie, dalle quali vanno esenti i tuoi adoratori? Qual è il tuo reddito annuo? Quali le tue prerogative? Oh, vana grandezza! mostrati col tuo valore reale! Che hai tu di solido, omaggio inutile reso alla potenza dei re? Sei tu nulla più che un’apparenza, un’illusione, una forma esteriore, che imprime rispetto e temenza agli altri uomini? Ma il monarca è più infelice nell’esser paventato, che i suoi sudditi noi siano in temerlo. A lui tocca più spesso il veleno dell’adulazione che le dolcezze di un onesto conversare. Oh superba Maestà! il male ti prenda, e comanda allora alle tue pompe di guarirti. Credi tu che la febbre ardente sarà espulsa dalle tue vene all’enumerazione di titoli vani? Credi che alleg-