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atto quinto | 85 |
SCENA II.
Una landa fra i due accampamenti.
Allarme. Entrano a suon di tamburo e a bandiere spiegate Lear, Cordelia, e l’esercito loro; quindi escono: s’avanzano poscia Edgardo e Glocester.
Edg. Qui, padre, riposatevi all’ombra di questo albero; pregate il Cielo perchè l’esercito, che difende il giusto, trionfi. Se mi è dato di tornare accanto a voi, vi recherò novelle consolatrici.
Gloc. Ti benedica il Cielo, signore! (Edg. esce; allarme; poi suonasi a raccolta; rientra Edg.)
Edg. Fuggi, buon vecchio; dammi la mano; fuggiamo. Il re Lear ha perduto la battaglia; è prigioniero insieme con sua figlia. Dammi la mano; fuggiamo.
Gloc. Non andiam più lungi, signore; si può morire anche qui.
Edg. Di nuovo così tristi pensieri? Convien che l’uomo si rassegni ad uscir di questo mondo com’ei v’entrò. L’esservi apparecchiato è tutto. Andiamo.
Gloc. Bene parli. (escono)
SCENA III.
L’accampamento britanno vicino a Douvres.
Entrano trionfanti a suon di tamburi e vessilli spiegati Edmondo, Uffiziali e gregari. Lear e Cordelia li seguono prigionieri.
Edm. Qualcuno di voi (agli Uff.) li riconduca; s’abbia cura di loro, finchè quelli a cui s’addice di giudicarli abbiano profferita la loro sentenza.
Cord. I primi noi non siamo, che colle intenzioni più pure, volendo ben fare, caddero in gravi infortunio re perseguitato dalla sventura, la sola vostra sorte m’affligge; senza di voi disprezzerei intrepida tutti i furori della sorte iniqua. Non vedrem noi, voi le vostre figlie, io le mie sorelle?
Lear. No, no, no, no! Vieni; andiamo nella nostra prigione: vi canteremo entrambi come gli uccelli prigionieri nella loro gabbia. Quando mi chiederai la mia benedizione, io ti dimanderò