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Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, V-VI.djvu/112

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IL RE ENRICO VI — ATTO TERZO 103

cora giunta alla profondità del suolo; ma se diam loro il tempo di crescere, esse copriranno la terra, smagrendo le piante utili, e ci rimprovereremo troppo tardi di non averle estirpate. La mia costante vigilanza e la mia tenera sollecitudine per uno sposo, mi fanno accumulare e vedere tutti i pericoli nella persona del duca. Se il mio timore non procede che da un eccesso di tenerezza, chiamatelo vano spauracchio di femmina: cedendo a migliori argomenti, mi rassegnerò a tal giudizio, e confesserò con ischiettezza che mi sono ingannata. Signori di Suffolk, di Buckingham e di Beaufort, abbattete se il potete le mie osservazioni, o consci della verità dei miei detti approvate i miei consigli.

Suff. Giova confessarlo, signora, voi avete con gran discernimento veduto l’uomo di cui parlate: e se fossi stato chiamato per primo a rispondere al mio re, credo che non avrei che ripetuti i detti di Vostra Altezza. Subornata da lui, Eleonora pose in opera contro di me le sue pratiche infernali; o se egli non fa l’istigatore e l’anima di quel misfatto, almeno la sua ostentazione giornaliera in vantare la sua alta origine, e ripetere che, essendo il più prossimo parente del re, ne è il successore immediato, ed altre insinuazioni siffatte, gettate all’orecchio della sua sposa, ispirarono a una donna, il di cui spirito è ardente e il cervello entusiasta, la prima idea di modellare in cera il suo sovrano, e di ucciderlo in effigie. Ei sembra tranquillo; ma l’acqua è tranquilla appunto laddove ha maggior profondità; sotto una calma esteriore ei cela un tradimento. Il lupo non urla allorchè vuol sorprendere l’agnello. No, no, mio sovrano; Glocester è un uomo di cui alcuno non ha ancora scrutata l’ipocrisia: alcuno non ha per anco svolte le pieghe tenebrose della sua anima.

Mar. Non ha egli, con prevaricazione manifesta, inventate nuove torture e morti più raffinate per uomini miseri che non erano colpevoli che di delitti leggieri?

Car. £ non ha durante il suo protettorato imposte al regno enormi taglie, per assoldare gli eserciti di Francia, senza mai mandarle; talchè le nostre città si ribellavano ogni giorno?

Buck. Oh, Beaufort, cotesto non sono che malversazioni leggiere in paragone degli attentati ignorati che il tempo svelerà.

Enr. La cura che vi prendete, miei lórdi, per togliere dal mio cammino le spine più minute, son degne di lode. Ma debbo io aprirvi il fondo del mio cuore? Il nostro cugino Glocester è tanto lungi dal tramare contro di noi, quanto lo è l’innocente colomba, o il fanciullo che sorride sul seno di sua madre. Il duca