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126 IL RE ENRICO VI


Cade. Lasciate ch’io solo gli parli. — Hai tu l’uso di scrivere il tuo nome? O hai un suggello per farti conoscere come gli uomini onesti?

Scriv. Signore, ringrazio Dio d’essere stato tanto bene educato da saper scrivere il mio nome.

Il popolo. Ha confessato; via di qui; è un traditore; è uno scellerato.

Cade. Conducetelo altrove e sia appeso colla sua penna e il suo calamaio al collo. (escono alcuni collo scrivano; entra Michele)

Mich. Dov'è il nostro duce?

Cade. Son qui; che vuoi?

Mich. Fuggi! fuggi! fuggi! Sir Umfredo Stafford e suo fratello son vicini e ci vengono sopra coll’esercito del re.

Cade. Fermati, vile, fermati, o ti stendo sulla sabbia. Ei sarà ricevuto da un uomo nobile al par di lui: ei non è che cavaliere, non è così?

Mich. Appunto.

Cade. Per eguagliarlo mi farò anch’io cavaliere. — (s’inginocchia) Sorgi, sir Giovanni Mortimero. Adesso siamo simili.

(entrano sir Umfredo Stafford e Guglielmo suo fratello, al suono dei tamburi, coll’esercito)

Umf. Villani ribelli, feccia dei campi della contea di Kent; gente da patibolo, gettate a’ miei piedi le vostre armi e ritornate alle vostre capanne. Il re è buono e vi farà grazia se abiurate la vostra rivolta.

Gug. Ma la sua collera sarà inesorabile, e vostro sangue si spargerà a torrenti, se in essa persistete. Obbedienza adunque, o morte.

Cade. Quanto a questi schiavi di corte, vestiti di seta, non ho nulla a dir loro. £ a voi, buon popolo, che m’indirizzo, è a voi mercè cui spero di regnare un giorno. Io sono, per nascita,, lo sapete, erede legittimo della Corona.

Umf. Miserabile, tuo padre era muratore; e tu stesso non sei che un racconciatore di panni. Non è vero forse?

Cade. E Adamo che era egli altro fuorchè un giardiniere?

Gug. Che perciò?

Cade. Vengo. Edmondo Mortimero, conte della Marca, sposò la figlia del duca di Clarenza. È vero?

Gug. Sì.

Cade. Da lei ebbe due figli in un sol parto.

Gug. Menzogna.

Cade. Qui cade la questione: ma io affermo la veracità del