Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, V-VI.djvu/506

Da Wikisource.

ATTO TERZO 107


D. Pedro. Tutto ciò fa pronosticar male di lui: concludiamo, concludiamo ch’egli è innamorato.

Claud. Certo, e di più io conosco quella che ama.

D. Pedro. Io pure vorrei conoscerla; dev’essere una donna a cui non è noto il suo carattere.

Claud. Nè i suoi difetti; e questo è il motivo per cui muore di amore per lui.

D. Pedro. Sarà sepolta col volto all’insù.

Ben. Che che ne sia, questi non son rimedi al mal dei denti. — Voi, mio vecchio amico, (a Leon.) venite a passeggiare in qualche angolo remoto con me: ho otto o dieci savie parole da dirvi, che questi scapestrati non devono intendere. (esce con Leon.)

D. Pedro. Sulla mia vita, ei va a parlarle di Beatrice.

Claud. Sì certo: ed Ero e Margherita devono avere frattanto compita la loro parte con lei, cosicchè i nostri due orsi non si morderanno più l’un con l’altro quando s’incontrano. (entra Don Giovanni)

D. Gio. Signore e fratello. Iddio vi salvi.

D. Pedro. Siate il benvenuto, fratello.

D. Gio. Se ne aveste agio vorrei parlare con voi.

D. Pedro. Privatamente?

D. Gio. Così vi piaccia; ma il conte Claudio può udire, perchè quello che debbo dire lo concerne.

D. Pedro. Di che si tratta?

D. Gio. Intende Vossignoria (a Claud.) di sposarsi dimani?

D. Pedro. Ben sapete che tale è la sua intenzione.

D. Gio. Non credo che sia tale, allorchè saprà quello ch’io so.

Claud. Se vi è qualche impedimento, vi prego di manifestarmelo.

D. Gio. Voi potete credere che io non vi ami, ma questo lo vedrete in seguito. Frattanto apprendete a pensar meglio di me, dalle cose che sto per dichiararvi. Mio fratello, che senza dubbio vi tien caro, per l’amore che vi porta, vi ha secondato nella conclusione del vostro matrimonio: ma certo le sue cure son male spese, e le tue fatiche mal impiegate!

D. Pedro. A che para il discorso?

D. Gio. Venni qui per dirvelo; e senza preamboli, poichè ne usammo anche troppi, vi avverto che la vostra amante è una disleale.

Claud. Chi? Ero?

D. Gio. Sì, Ero di Leonato, la vostra Ero, l’Ero di tutti.

Claud. Disleale?