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ATTO TERZO 113

della vostra. E bensì guarnito in oro e in argento, con filze qua e là di candidissime perle e ghirlande azzurre, ma per la delicatezza e la grazia del fondo la vostra vale dieci volte la sua.

Ero. Dio mi conceda la gioia necessaria a portarla: io sento un gran peso sul mio cuore!

Mar. Sarà anche più pesante fra breve col carico di un uomo.

Ero. Via, Margherita! non ti vergogni?

Mar. Di che, signora? Di parlare di una cosa onorevole? Non è il matrimonio onorevole anche in un mendico? Non è il vostro sposo onorevole anche senza il matrimonio? Credo, con vostra licenza, che avreste voluto che dicessi, invece d’un uomo, un marito: ma se un cattivo pensiero non disonora un discorso vero, io non offendo alcuno. Vi è qualche male a parlare del peso di un marito? Nessuno, io credo, da che è quistione di un marito legittimo unito a una legittima sposa; altrimenti il fardello è leggiero e non pesante: chiedetelo alla vaga Beatrice che vien qui. (entra Beatrice)

Ero. Buon giorno, cugina.

Beat. Buon giorno, dolce Ero.

Ero. E che vuol dir ciò? Voi parlate col tuono di un infermo!

Beat. Son fuori d’ogni tuono, a quel che mi pare.

Mar. Intuonate l’aria di... luce d’amore. Cantatela senza ritornelli ed io la danzerò.

Beat. Sì, luce d’amore per le vostre calcagna! Se vostro marito si provvede d’albergo, non mancherà di famiglia.

Mar. Indegna chiosa! Ma io la disprezzo.

Beat. Son quasi cinque ore, cugina, e dovreste essere ammanita. In verità mi sento assai male. Ah!

Mar. Per qual oggetto sospirate? Per un cavallo, per un falcone, per un marito?

Beat. Per quella lettera che comincia tutte tre queste parole per un h1.

Mar. Oh! se non siete divenuta turca, non si potrà più veleggiare fidandosi nelle stelle.

Beat. Che intende dire questa pazza?

Mar. Nulla; ma Dio appaghi in ognuna di noi il desiderio del suo cuore.

Ero. Questi guanti che il conte mi mandò spandono un profumo delizioso.

  1. Che in inglese dà principio ai tre surriferiti vocaboli, e pronunziata sola significa male.