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ATTO QUARTO 189

tuo signore: so che saran pregni di proteste e di giuramenti di fresco inventati, che ei romperebbe così facilmente, come io, questa carta.

Giul. Ei manda ancora a Vossignoria quest’anello.

Sil. Una vergogna di più per lui che me lo manda; perchè gli ho udito dire mille volte che la sua Giulia glielo aveva dato alla sua partenza. Sebbene il suo falso dito abbia profanato quest’anello, il mio non farà alla sua donna tale oltraggio.

Giul. Ella ve ne ringrazia.

Sil. Che dici?

Giul. Che ella vi ringrazia, signora, della compassione che le dimostrate; povera signora! Il mio padrone l’offende assai.

Sil. La conosci tu?

Giul. Quasi al par di me stesso: pensando a’ suoi dolori, vi giuro che ho pianto mille volte.

Sil. Forse ella crede che Proteo l’abbia dimenticata?

Giul. Penso di sì, e questa la è causa de’ suoi dolori.

Sil. Non è ella molto bella?

Giul. Fu molto più bella che non è ora: e quando si credeva amata dal mio signore, era, parmi, bella quanto voi. Dacchè però ha negletto lo specchio, e ha lasciati i veli che la riparavano dai fuochi del sole, l’aria ha appassite le rose delle sue gote, i gigli del suo collo, e fatta è bruna come son io.

Sil. È grande?

Giul. Presso a poco della mia altezza; perocchè alla Pentecoste, allorchè si facevano finti balli, io dovetti recitare una parte da donna, e mi furono dati gli abiti di Giulia, che parevano, secondo il detto di tutti, fatti apposta per me. È da ciò che so che ella è della mia grandezza; e allora la feci ben piangere, avvegnachè compier dovevo una parte assai trista. Io rappresentavo Arianna abbandonata e gemente per lo spergiuro e l’indegna fuga del suo diletto Teseo, e versai lagrime così acerbe, che la mia povera signora, intenerita, gemè amaramente, e ch’io muoia tosto, se in fondo all’anima non risentii tutti i suoi dolori.

Sil. Ella deve averti molte obbligazioni, vago giovine! — Oimè! povera fanciulla desolata e in abbandono! — Piango io stessa pensando alle tue parole. — Eccoti, giovine, la mia borsa: te la do per amore della tua dolce signora, e perchè tu l’ami. Addio, (esce)

Giul. Ed ella ve ne ringrazierà, se mai giungerete a conoscerla, virtuosa donzella, bella al pari che cortese! Io spero che i fuochi del mio signore s’intiepidiranno, poichè ella prende tanto inte-