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356 LA MALA FEMMINA DOMATA

Tranìo, prendi il mio mantello, e quando Biondello verrà, ei sarà del seguito tuo, ed io lo ammonirò perch’ei taccia. (mutano i loro abiti)

Tran. Seguirò il vostro volere, mio buon signore.

Luc. Te ne sarò grato, Tranio, ed io penserò ad ottenere quella fanciulla, la di cui vista m’ha intenebrati gli occhi, ed ha posto il mio cuore in schiavitù. (entra Biondello) Ebbene, neghittoso, dove sei tu stato?

Bion. Dove sono stato? Ma dove siete voi ora? Forsechè il mio compagno Tranio vi ha rubati i panni? o ve li sareste invece barattati?

Luc. Avvicinati, non è tempo da celie; pensa a quello ch’io ti dirò, mentecatto. Il tuo compagno Tranio, per salvarmi la vita, assume la mia parte e i miei abiti: io per isfuggìre alla sventura indosso i suoi; perocchè dopo che son qui venuto, ho ucciso un uomo in rissa, e temo d’essere scoperto: mettiti agli ordini suoi, e servilo a dovere: te l’impongo, intantochè io partirò da questo luogo per porre in salvo la mia vita.

Bion. T’obbedirò, signore.

Luc. E non dir una parola di Tranio: Tranio è divenuto Lucenzio.

Bion. Tanto meglio per lui, vorrei io pure esserlo.

Tran. Ed io vorrei che Lucenzio ottenesse ciò che desidera. Ma tu rammenta, non per me ma pel tuo padrone, di comportarti discretamente, e di chiamarmi signor tuo.

Luc. Andiamo, Tranio. Rimane ancora una cosa a cui devi attendere. È di porti nel novero dei pretendenti. Ho le mie buone ragioni per ciò. (escono)

Dom. Signore voi vi addormentate e non badate alla commedia.

Sly. Sì, per Sant’Anna! l’ascolto. Una bell’astuzia. È finita?

Pag. È cominciata appena, signore.

Sly. È davvero una bella cosa! madonna moglie, vorrei fosse finita!

SCENA II.

Dinanzi alla casa d’Ortensio.

Entrano Petrucchio e Grumio.

Pet. Verona, io mi accommiato da te per qualche tempo; vuo’ vedere i miei amici di Padova, ma innanzi tutti Ortensio,