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ATTO PRIMO 80


SCENA II.

Una stanza in casa di Glocester.

Entrano il Duca e la Duchessa.

Duch. Perchè il mio sposo piega egli il capo, come la spica matura e troppo carica, nei dì avvampanti della messe? Perchè l’angusta fronte di Umfredo s’aggrotta essa come s’egli fosse sdegnoso della felicità e dei favori del mondo? Perchè i tuoi occhi s’affliggono nella polvere, risguardando sopra cosa che sembra contristarti? Che vi cerchi tu? Il diadema del re Enrico arricchito con tutti gli onori del mondo? Se tale è l’oggetto dei tuoi pensieri, inchina, inchina ancora il capo, fino a che tu ti rialzi colla fronte cinta da quella corona. Stendi la mano, cerca di prenderla. Che! La tua mano è troppo corta? L’allungherà colla mia, e quando i nostri sforzi uniti ottenuta l’avranno, allora alzeremo i nostri capi al cielo, e la nostra vista non si umilierà più per concedere un’occhiata alla terra.

Gloc. Oh! Eleonora! dolce Eleonora, se ami il tuo sposo, soffoca nel tuo cuore sì ambiziose mire; e possa il primo pensiero di nuocere a mio nipote, al mio sovrano, al virtuoso Enrico, recarmi morte! Son triste; perchè i sogni di questa notte han portata grave commozione nella mia anima.

Duch. Qual sogno ha turbato il mio sposo? Dimmene, e ti ricompenserò col racconto delle larve lusinghiere che vidi questa mattina.

Gloc. Mi sembrò che questo scettro d’autorità, attributo del mio ufficio alla corte, fosse stato rotto nelle mie mani. Da chi? l’ho obbliato; ma se non erro fu per opera del cardinale, e sopra i due estremi sanguinosi erano poste le teste di Edmondo Sommerset e di Guglielmo de la Pole, primo duca di Suffolk. Tale fu il mio sogno: quel ch’esso presagisca, il Cielo lo sa.

Duch. Rassicurati, questo sogno annunzia, che chiunque romperà un solo ramo del potere di Glocester, sconterà col suo capo la insolente audacia. Ma porgimi ora l’orecchio, amato Umfredo; degnati di ascoltarmi. Io sognai di essere solennemente assisa in trono nella cattedrale di Westminster, e nel medesimo seggio in cui i re e le regine sono coronati Enrico si avanzò colla principessa Margherita, e entrambi prostrandosi innanzi a me si tollero il diadema, e lo posero sulla mia testa.

Gloc. Cessa, cessa, Eleonora: tu mi astringi a garrirti seve-