Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, VII.djvu/158

Da Wikisource.

ATTO SECONDO 149


Ang. Bene, tornate da me dimani.

Luc. (a parte) Ritiratevi, andiamo.

Is. Il Cielo vegli sul vostro onore.

Ang. (a parte) Amen, perchè mi sento nascere la tentazione di profonderlo.

Is. A qual’ora debbo ritornare dimani da Vossignoria?

Ang. A qualunque ora prima di mezzogiorno.

Is. Sia salvo il vostro onore. (esce con Luc. e il Prev.)

Ang. Da te, ed anche dalla tua virtù! — Che vuol dir ciò? È sua colpa, o mia? Fra la tentatrice e il tentato, chi è più reo? Ah! non è essa; non è essa che cerca di tentarmi; son io, io che posto vicino a lei non tramando, commessa, un dolce profumo, ma mi corrompo come un cadavere, sotto l’infiuenza del raggi benefici che la fanno fiorire. Può il pudore essere più pericoloso dell’impurità? Mentre tanto vil terreno abbiamo, dovremo noi demolire il tempio della virtù, per erigervi la dimora del vizio? Sarebbe un’onta, un’ignominia. Che fai tu, Angelo? Che sei divenuto? Vuoi tu empiamente desiderarla, per quelle doti stesse che la fanno virtuosa? Ah! suo fratello viva. I ladri stessi vengono autorizzati alle loro opere nefande, quando i loro giudici rubano in segreto. Oh! l’amerei io forse? Perchè desidero di parlarle di nuovo e di pascermi de’ suoi begli occhi? È questo un sogno? Demonio astuto che per sorprendere un uomo virtuoso simuli le sembianze della stessa virtù! La più pericolosa delle tentazioni è quella che ci invita al delitto colle attrattive dell’innocenza: non mai alcuna prostituta, colle sue due forze riunite, i mezzi dell’arte e i doni della natura, fece alcuna impressione sopra i miei sensi; ma questa virtuosa fanciulla mi soggioga, mi abbatte. Infine a questo giorno, allorchè vedevo gli altri tocchi da qualche passione, io sorridevo o stupivo della loro follìa. (esce)

SCENA III.

Una stanza in una prigione.

Entra il Duca vestito da frate e il Prevosto.

Duc. Salute, Prevosto, che tale vi reputo.

Prev. Sono il Prevosto: che volete, buon frate?

Duc. Mosso dalla carità e dalla santa istituzione del mio ordine, vengo a visitare le anime afflitte di questa prigione: concedetemi il permesso di vederle, e d’informarmi dei loro delitti, ond’io possa amministrar loro a proposito i miei soccorsi spirituali.