Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, VII.djvu/268

Da Wikisource.

ATTO TERZO 259

colpe? Dove è il ladro tanto insensato da vantarsi dei suoi furti? È una doppia ingiuria il violare la fede del letto coniugale, e il divulgarlo. V’è pel vizio una specie dì fama bastarda, che egli può con qualche cautela procacciarsi. Un’azione colpevole è aggravata dall’audacia che non la nasconde. Oimè! donne sfortunate! degnatevi almeno farci credere a noi, che non siamo che un composto di credulità, che voi ci amate. Mostratevi mascherati ai nostri occhi; noi siam poste dentro la vostra sfera, e voi potete infonderci quel moto che più vi piace. Su via, mio amabile fratello, rientrate in casa; consolate mia sorella, riponete in gioia il suo cuore, chiamatela vostra sposa. È una menzogna virtuosa quella che tende a soffocar la discordia, e a restituir la pace a un’anima afflitta.

Ant. Dolce signora, (perchè io non so con qual altro nome chiamarvi, e ignoro per qual prodigio voi abbiate potato indovinare il mio nome) il vostro ingegno e le vostre grazie vi dichiarano una meraviglia del mondo, e il vostro aspetto ha qualche cosa di celeste: insegnatemi, divina creatura, quel che debbo pensare e quel che debbo dire. Spiegate al mio rozzo intelletto pieno d’errori, debole, leggero e superficiale, il senso dell’enigma, nascosto nelle vostre parole. Perchè vi dilettate a tormentare la semplicità schietta e pura della mia anima ingenua, per farla errare in luoghi imaginarii e sconosciuti? Siete voi una dea? Volete oggi di nuovo ricrearmi? Trasformatemi dunque, ed io cederò alla vostra suprema potenza. Ma se io son sicuro di conoscermi per quel che sono, allora è certo che la vostra piangente sorella non è mia sposa, e ch’io non le debbo alcuna fedeltà. Io mi sento ognor più trascinato verso di voi. Ah! non mi attirate, bella e dolce sirena, coi vostri canti seduttori, per inondarmi poi colle lagrime che spande la suora vostra: parlate, bella incantatrice, parlate per voi medesima, ed io vi adorerò con tutta la passione.

Luc. Voi siete pazzo a tenermi un tal discorso.

Ant. No, no, non son pazzo, ma pieno di meraviglia: i miei occhi sono abbagliati dai vostri raggi, astro divino, che splendete in tanta mia vicinanza.

Luc. Rivolgete i vostri sguardi sopra l’oggetto in cui devono affissarsi, e la vostra vista si schiarirà.

Ant. Tanto vale il chiuder gli occhi, come l’affissarli nelle tenebre, anima mia.

Luc. Anima vostra mi chiamate? Date tal nome a mia sorella.

Ant. Alla sorella di vostra sorella.