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Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, VII.djvu/288

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ATTO QUINTO 279


Drom. A che diavolo pensa egli?

Eg. Son sicuro che voi entrambi vi ricordate di me.

Drom. Ci ricordiamo di noi stessi guardandovi, signore, perchè alcuni istanti fa, noi eravamo legati come voi ora lo siete: sareste voi ancora un paziente di Pinch? Lo sareste, signore?

Eg. (a Ant.) Perchè affisi su di me quello strano sguardo? Tu ben mi conosci.

Ant. Non mai vi vidi prima d’ora.

Eg. Il dolore avrà stranamente mutato il mio viso, dacchè non m’avete veduto: il tempo avrà alterati assai tutti i miei lineamenti. Ma non conoscete voi la mia voce?

Ant. No, per mia fè.

Eg. E tu, Dromio?

Drom. Nè io tampoco, ve n’assicuro.

Eg. Ed io son certo che tu la riconosci.

Drom. Ed io son certo di no, e lo dovete ben credere ad un uomo che vi parla con tanta sicurezza.

Eg. Non riconoscer la mia voce! Oh tempo distruttore! hai tu dunque così cambiato il mio accento in sette anni, che un figlio mio più non lo debba rammentare? Sebbene l’inverno degli anni agghiacci il mio vigore, sebbene la neve dei capelli bianchi ch’è caduta sulla mia testa, e mille affanni più d’ogni altro abbiano distrutto in me l’antico uomo, pure in questa fosca notte in cui sta sepolta la vecchiaia, un raggio di memoria luce ancora; il pallido fanale della mia vita tramanda ancora qualche scintilla, le mie orecchie non son prive interamente della facoltà d’udire, e tutti questi testimonii, invecchiati con me e istruiti da una lunga esperienza, depongono (nè v’è inganno) che tu sei Antifolo mio figlio.

Ant. Non ho mai veduto mio padre dacchè son vivo.

Eg. Non son sett’anni ancora, o giovine, lo sai, che ci separammo a Siracusa: ma forse tu arrossisci a dovermi riconoscere in questa condizione.

Ant. Il duca e molti nostri concittadini possono far fede che v’ingannate: io non son mai stato a Siracusa.

Duc. T’assicuro, Siracusano, ch’egli dice la verità: veggo che la vecchiaia e le sventure han turbata la tua ragione. (entra l’Abbadessa con Antifolo e Dromio di Siracusa)

Abb. Potentissimo duca, voi vedete qui un uomo molto oltraggiato. (tutti rimangono colpiti di stupore)

Adr. Veggo due mariti, o i miei occhi m’ingannano.

Duc. Uno di questi uomini è certo il genio dell’altro: così è