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324 LA NOVELLA D'INVERNO


Per. Quale follìa! Voi diverreste in breve sì magro, che il soffio dei venti di gennaio vi forerebbe da una parte all’altra — E per voi, il più bello de’ miei amici, (a Flor.) vorrei ben avere qualche fiore di primavera, che potesse adattarsi alla vostra giovinezza; e per voi anche, leggiadre pastorelle, che vivete nel mondo delle speranze. Oh, Proserpina, perchè non ho io qui i fiori che nel tuo spavento lasciasti cadere dal carro di Pluto! Gli asfodilli che precedono la rondinella e si cattivano i venti di marzo colla loro beltà; le viole meno splendide, ma più dolci che gli occhi azzurri di Giuno, o l’alito di Citerea; i pallidi verbaschi che muoiono vergini prima di aver ricevuti gli ardenti baci di Febo, sventura troppo comune alle giovani bellezze; i vividi giacinti e le rose innamorate, i gigli d’ogni specie e cento altri? Oh, io sono sprovvista di tutti quei fiori di cui vorrei intesservi ghirlande e versarne un nembo su di voi, mio dolce amico.

Flor. Come s’io fossi in un feretro?

Per. Sì, ma come un feretro che sepellito esser dovrebbe fra le mie braccia. Prendete i vostri fiori; parmi di compier qui la parte che ho veduta recitare nelle pastorali della Pentecoste certo, queste vesti che mi cuoprono han cambiato interamente il mio aspetto e il mio contegno.

Flor. Quello che voi fate, supera sempre quello che fatto avete. Quando parlate, mia amica, vorrei udirvi sempre parlare: quando cantate, vorrei intendervi cantar sempre; vorrei vedervi negli atti di pietà, nelle preghiere, nel presiedere alle cose domestiche: allorchè danzate, amerei foste un’onda del mare, e che non faceste mai altra cosa; sempre in moto come lei: le grazie abbelliscono ogni vostra azione; ogni vostro gesto fa stupire e si addirebbe ad una regina.

Per. Oh Doricle! le vostre lodi sono troppe: e se la vostra giovinezza, cui colora un sangue nobile e vero, non vi dichiarasse palesemente un pastore mondo di frodi, avrei ragione di temere, che non mi amoreggiaste che con menzogne.

Flor. Credo che abbiate così poca ragione per temerne, quanto io ne ho poca per pensare ad ingannarvi. Ma incominciamo le danze, ve ne prego. Datemi la vostra mano, mia cara Perdita: così si unisce una coppia di tortori, bramose di mai più separarsi.

Pol. Quest’è la pastorella più leggiadra, che mai camminasse per un prato: ogni suo moto ha in sè qualche cosa di superiore alla sua umile condizione: troppo nobile ella è per questo soggiorno.

Cam. Ei le dice qualche cosa che la fa arrossire: davvero che è la regina del latte e del burro.