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ATTO QUARTO | 35 |
Re. Oimè!
Bir. (a parte) Egli è ferito, pel Cielo! — Procedi, dolce Cupido; tu l’hai ferito colla tua saetta sotto la mammella manca. — Ascoltiamo.
Re. (leggendo il foglio che ha in mano) «Il sole non bacia più dolcemente la rosa bagnata dalla fresca rugiada del mattino, di quello che il primo raggio de’ tuoi begli occhi, baci i pianti che la notte ha fatto sgorgare sulle mie gote. L’argentea lana brilla con minore splendore traverso al seno limpido dell’onda, di quello che lo splendore della tua bellezza traverso alle mie lagrime. Tu splendi in ogni stilla di pianto ch’io verso, e ognuna di esse porta come un carro l’imagine tua che mi sta fitta nella mente. Degnati soltanto di riguardare a queste lagrime che m’inturgidiscono gli occhi, e vedrai manifestarvisi la tua gloria ne’ miei dolori. Astienti dall’amare solo te stessa, perocchè allora i miei pianti più non cesseranno, e ti serviranno di specchio a riflettere la tua bellezza. Oh! regina delle regine, quanto sei incomparabile! Il pensiero dell’uomo non può concepirlo, nè la lingua esprimerlo». — Come le farò io conoscere le mie pene? Lascierò cadere questo foglio: albero amico, cuopri la mia follìa colla tua ombra. — Chi viene in questo luogo? (va in disparte. Entra Longueville anch’egli con un foglio) È Longueville, e legge! Ascoltiamolo.
Bir. (a parte) Ecco un altro pazzo che apparisce e che ti somiglia!
Long. Oimè! io sono uno spergiuro.
Bir. (a parte) S’avvanza come un traditore colla scritta in mano.
Re. (a parte) Egli è amante, lo spero; dolci compagni di vergogna!
Bir (a parte) Un ebbro ama un altr’ebbro.
Long. Sono stato io il primo a rendermi spergiuro?
Bir. (a parte) Potrei consolarti, mostrandoti altri che ti han preceduto. Tu compi il triumvirato, segni il terzo corno del cappello della società, la forma del patibolo dell’amore a cui sta appesa l’innocenza.
Long. Molto temo che questi versi non siano inetti a commuoverti, amabile Maria, sovrana del mio cuore! Vuo’ stracciar queste rime e scriverle in prosa.
Bir. (a parte) Le rime sono i forieri spediti da Cupido; non mancare alle discipline.
Long. Inviamole questi versi. — (legge) «Non è la celeste eloquenza de’ tuoi occhi, dinanzi alla quale l’universo ammu-