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Pagina:Saggio di canti popolari veronesi.djvu/24

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qual più qual meno nell’errore di adoperare voci che il vero popolo non adopera, e sopratutto di costruire i periodi alla foggia della lingua scritta, onde nessuno attinse qualche fama, e può avere speranza di tramandare celebrato il suo nome, come fecero il Meli, il Grossi, il Porta, il Nalin e tanti altri coi differenti dialetti d’Italia.

Ma se manca a Verona una letteratura del dialetto, locchè in vero non è grave danno, abbiamo una poesia popolare ricchissima, allegra, spigliata, elegante, che può spesse volte star a paro della Toscana, poichè ben di frequente bastarebbe cambiare soltanto qualche desinenza per credere che una delle nostre canzoni sia nata sulle rive dell’Arno o fra le delizie delli Appennini.

Le cantilene sposate a tali canzoni sono poche, ed a ciascuna di esse vengono applicate differenti parole secondo il bisogno dell’anima che le modula: ma riescono soavissime tutte, e come il popolo veronese è distinto per buona disposizione musicale, e per frequenza di bellissimi timbri di voce si odono spesso melodie che fermano il passo ed innondano lo spirito di cara dolcezza. Il popolo di città canta pure frammenti della musica illustre dei melodrammi, e le avìte canzoni adopera specialmente nel carnovale, o nelle lunghe sere d’inverno quando alla battuta di un cembalino intreccia le vivaci sue danze. Ma nelle campagne le canzonette nostrane suonano di continuo ad allietare quando la potagione o la sfrondatura, quando il mietere faticoso o la gioconda vendemmia.

A Verona, come nel resto d’Italia, i canti di amore sono i più numerosi; tuttalvolta ve ne ànno anche di altri argomenti, e mentre i primi vengono detti comunemente villotte e sono di quattro versi endecasillabi, o mattinate che sono di sei, di otto ed anche più, colli ultimi due che spesso ripetono il pensiero delli due precedenti a similianza dei rispetti toscani, li altri si chiamano canzonette, e sono quasi sempre composte di settenarî od ottonarî rimàti, a strofe di quattro versi, oppure storie, di endecasillabi, decasillabi o settenarî rimàti a due col solo tronco, od a terzetto con un piano libero e due tronchi rimàti; queste ultime sono sempre narrative, e vestono la forma ed il carattere delle ballate tedesche e delle romanze spa-