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Pagina:Saggio sulla felicità.djvu/47

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portar guerra implacabile ad una nazione tranquilla, che mal poteva comprendere qual frenesia gli avesse consigliati ad abborrire, e combattere chi niuno motivo loro ne avea somministrato. Ben sai, che chiuso stavasi allora il tempio di Temi, e che la Diva augusta si vedeva in atto di sdegno starsi da un lato inoperose le sue bilance, e dall’altro polverosi li suoi dotti volumi: mentre la forza brutale avea inalberati i suoi vessilli, ed ogni più sagro diritto sovvertito, e confuso. In quella notte sì caliginosa solo amore lasciò trapelare qualche raggio di virtù. Amore, reso più forte dalla stessa durezza di que’ costumi, e più violento per le sempre rinascenti difficoltà, s’era fatto consigliero di azioni generose, e spingeva gli eroi a farsi campioni dell’innocenza, e della debolezza. L’oppressore, lo scellerato, il tiranno trovavano tanti nemici, quanti v’aveano cuori riscaldati dalla possente sua fiamma. La bellezza era il premio della virtù, La passione amorosa diventata più nobile, più sublime, e più magnanima pareva da Dio accordata sì pura a quelle generazioni, in compenso di tanta infelicità, che loro derivava, e dalla nequizia de’ loro governi, e da’ pregiudizj innumerevoli da cui andavano infette.

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