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Pagina:Saggio sulla felicità.djvu/55

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Sì, figlio mio, la generosità dell’animo è quella virtude eminente, cui l’uomo deve la nobile difesa de’ suoi più gelosi diritti, e le nazioni intere la ricchezza, lo splendore, e la gloria per cui vanno superbe. Il vile se non è offeso, ciò deriva soltanto, perchè altrui non talenta d’insultarlo; il forte invece, conscio di sua virtude, stassi intrepido eziandio all’aspetto di minaccioso, ed irritato tiranno. Egli si ride dell’ingiustizia degli uomini, e degli aspri rigori di avversa fortuna. Quella strada istessa per cui Bruto e Catone si sottrassero un tempo alla vile schiavitù, quella strada sa ben egli aprirsi, e fare per tal guisa tornar delusi i loro sforzi impossenti. Guai a quelle nazioni, che o troppo avvilite, o troppo corrotte più non onorino sì divina virtude! Tardi per la loro salute s’avvedranno dell’errore funesto; ed intempestivo verrà il loro ravvedimento, allorchè scorgeranno da inimico ferro manomesse le loro contrade, arsi i sagri monumenti in un co’ simulacri dell’imbelli Deità, e portato, per le loro città popolose in trionfo, lo stupro, e la rapina. Il vincitore lascierà loro appena lo scarso conforto di un pianto furtivo. Desse saranno persino costrette barbaramente a gioire, a benedire, ed a laudare a cielo gli autori di

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