Pagina:Saggio sulla felicità.djvu/54

Da Wikisource.
52

essere lo scopo della virtù, ossia di quella forza onnipossente, che Iddio ci ha soffiata assieme colla vita, forza ch’è sorgente illustre della generosità dell’animo, prerogativa la più necessaria in ogni sociale condizione, o che l’uomo aneli di procacciarsi felicità, o che alla patria render voglia qualche utile servigio. Chi teme la morte vive del pari infelice tra i perigli dell’armi, tra le cure tumultuose delle corti, ed all’ombra ospitale delle giovani selve sacre alle Muse. L’esistenza non può tornare di alcun diletto per colui, che sempre palpiti per timore di perderla. D’altronde la gloria verace sfugge l’aspetto del vile. Tutte le azioni magnanime son figlie di cuori generosi, e di petti virili, che hanno saputo fortemente spreggiare il dolore, e la morte. Le sante lettere istesse abborrono d’esser coltivate da colui, che capace non sia di affrontare que’ perigli, che far voglia subbietto de’ suoi carmi. Chi nutre l’animo basso di Tersite mal saprebbe cantare l’ira fatale d’Achille. Per persuadere altamente, conviene altamente sentire. Tirteo imbrandiva colla stessa destra l’acciaro, che dovea condurre i Laconi alla vittoria, con cui poco anzi avea dettato l’inno marziale, che a pugnare da forti gli eccitava.

Sì,